Il futuro dei pagamenti nell’omnichannel? All’insegna di mobile e analytics

Alla ricerca di user experience semplici ed efficaci e di modelli di business sostenibili all’indomani dello tsunami che sta ridimensionando la centralità delle banche, gli attori principali del settore si confrontano nel dibattito ospitato dalla tavola rotonda «OmniPayment: il ruolo dei pagamenti digitali nell’era dell’omnicanalità», di scena all’edizione 2017 del Netcomm Forum

Pubblicato il 28 Mag 2017

Customer Experience

Qual è davvero il ruolo dei pagamenti nell’era dell’omnicanalità e quale modello prevarrà per garantire equilibrio tra esperienza d’uso e sicurezza (che si traduce essenzialmente nei meccanismi di autenticazione forte)? Il dibattito è più vivace che mai, perché col passare del tempo coinvolge un numero sempre maggiore di attori (banche, mechant, fintech, fornitori di piattaforme tecnologiche), ciascuno impegnato in un ruolo specifico attraverso una customer journey che ormai non conosce più barriere tra fisico e on line. E sono questi attori che si sono confrontati durante la tavola rotonda «OmniPayment: il ruolo dei pagamenti digitali nell’era dell’omnicanalità», che si è tenuta all’interno della fitta agenda dell’edizione 2017 del Netcomm Forum, l’evento annuale organizzato a Milano (10-11 maggio) dal consorzio che tutela l’industria dell’e-commerce.

La strong authentication? I pagatori affidabili si riconoscono dai comportamenti

«È un tema centrale, siamo arrivati al momento topico: la trasformazione è diventata rivoluzione», ha esordito Roberto Liscia, Presidente di Netcomm. «Quello del pagamento è un momento chiave del processo di acquisto, ed purtroppo, attualmente, il momento in cui la conversion cade a picco. Stiamo attraversando uno tsunami regolamentare, tecnologico e competitivo che sta erodendo la parte del processo che fino a poco tempo fare era quello con la marginalità più alta. Senza contare che l’ondata Blockchain è destinata a cambiare anche l’assetto infrastrutturale». Per Liscia tutto questo presuppone un drastico cambiamento dei modelli di business, che ora devono essere fondati su dati e analytics per costruire servizi a valore aggiunto. Soprattutto perché, per il presidente di Netcomm, strong authentication è sinonimo non tanto di password, token e riconoscimento biometrico, quanto di valutazione del rischio associata al pagatore. «Lato merchant, disponiamo di tutte le informazioni per sapere se un cliente è affidabile o meno: gli elementi statistici raccolti su base comportamentale permettono di conoscere a fondo chi sono i pagatori certi e permettono di creare una esperienza d’uso del tutto priva di frizioni che rende superflue persino le soluzioni biometriche. Ora non ci resta che capire chi sono gli operatori che possono garantire questi meccanismi».

Saranno gli utenti a scegliere il vincitore

Sicuramente le banche hanno ancora un ruolo strategico da giocare. «Anche solo per una questione di anzianità, le banche dispongono di dati che le fintech non hanno», ha spiegato per esempio Riccardo Porta, Digital Marketing Strategist di MyBank (di Preta, società controllata da EBA Clearing), che offre ai merchant una soluzione per accettare pagamenti on line tramite bonifico bancario diretto. «Le banche hanno la potenza di fuoco necessaria per far scegliere ai propri utenti gli strumenti di payment che meglio soddisfano le iverse esigenze. Certo, molti processi vanno snelliti, e ci sono backend datati che hanno bisogno di essere innovati, e per questo occorre cooperazione con gli altri attori che non hanno l’obiettivo di disintermediare le banche».

Secondo Marco Albonetti Director Marketing and Client relations di Sofort, che fa capo al gruppo svedese Klarna e che come MyBank punta sul bonifico on line, gli istituti si stanno attrezzando, anche se in ritardo, per affrontare il nuovo scenario. «Non credo comunque che saranno le banche a decidere quale modalità di pagamento prevarrà, saranno gli utenti a farlo. E gli utenti non hanno preferenze di brand o tecnologie, basta che l’operazione sia semplice e immediata». Albonetti ha poi ribaltato l’idea espressa da Liscia. «La parola concettualmente più simile a omnicanalità è onniscienza, che si può ottenere come detto grazie ai dati. Ma non possiamo pensare che tutti i merchant sappiano tutto dei propri clienti: secondo noi un check out avanzato deve offrire al cliente onniscienza su se stesso, offrigli la proprietà dei dati, in modo da permettergli di decidere qual è il sistema di pagamento più efficace per le sue esigenze». Ciò di cui parla Albonetti è una vera e propria ‘Google experience’, che restituisce cioè, in tempo reale, risultati di ricerca in base alla caratteristiche e alla posizione geografica dell’utente. «Certo, in un mercato frammentato come quello europeo, la scelta non è semplice. Se negli Stati Uniti quattro-cinque sistemi coprono praticamente tutte le modalità di ingaggio dei consumatori, in Europa abbiamo a che fare con una quarantina di piattaforme diverse».

Le banche devono pensare a nuovi servizi orientati al business

Ma cose ne pensano le banche? Alessandro Bocca, Head of Acquiring di BancaSella, ha spiegato che il ruolo della sua azienda è profondamente cambiato nei confronti degli esercenti. «Il nostro obiettivo è lavorare insieme a loro per offrire servizi che li aiutino ad avere successo, il che significa fornire gli strumenti che occorrono per competere ad armi pari nello scenario internazionale. Il nostro approccio», ha continato Bocca, «consiste nello stare dietro le quinte, muovendoci lungo la direttrice dell’usabilità, che va determinata per ciascun ambito ed esigenza, senza dimenticare la semplificazione: i merchant oggi vogliono un unico interlocutore che si occupi di tutto, dalla user experience alla sicurezza e alla prevenzione delle frodi». Pur ammettendo che al momento le banche non sono all’avanguardia sul fronte dell’usabilità, Bocca precisa, confermando la tesi di Liscia, che a partire dall’analisi dei dati si possono offrire servizi a valore aggiunto che possono aiutare le attività commerciali a migliorare il business. «Il POS, da questo punto di vista, è uno strumento formidabile. Incrociando su base oraria e geografica le informazioni delle transazioni registrate sulla nostra piattaforma, siamo per esempio in grado di suggerire ai nostri clienti quali sono i giorni e le ore più profittevoli per mantenere aperta l’attività».

Dall’on line all’off line e ritorno, una sola cosa è certa: il futuro è mobile

Le informazioni generate dalle transazioni possono essere usate anche per aiutare le aziende a raggiungere, in maniera non invasiva, nuovi clienti, soprattutto sfruttando la crescita del mobile commerce. Almeno secondo Dirk Pinamonti, Head of Merchant Services di Paypal per l’Italia. Con 203 milioni di utenti attivi nel mondo e circa 16 milioni di aziende, a Paypal di sicuro non mancano i dati per elaborare e offrire funzionalità innovative ai propri clienti. «Il mobile è il cuore della nostra strategia di avvicinamento alle transazioni off line. Da player agnostico pensiamo che la risposta giusta per spingere i merchant ad adottare Paypal sia nel proporre la soluzione più semplice possibile, ovvero l’integrazione del sistema di pagamento all’interno dell’app dell’esercente. Operazione che comunque richiede il superamento di molte infrastrutture legacy. L’Italia in questo senso rappresenta un caso di successo, con le implementazioni fatte insieme a Q8 e Autogrill, grazie alle quali il consumatore può utilizzare le mobile app dei due brand per pagare alle pompe di benzina e alle casse dei ristoranti. I numeri sono ancora relativamente bassi, ma qui si apre il tema dell’educazione dei consumatori e degli di sforzi marketing da mettere in campo».

Anche CartaSì sta muovendosi in questa direzione. «Anche la nostra strategia parte dall’analisi dei dati: cerchiamo di capire i comportamenti degli utenti per poi costruire esperienze ad hoc», ha detto Roberto Catanzaro, Business Development Director di CartaSì. «Le nostre evidenze dicono il pagamento di prossimità aumenta di sei volte la frequenza di acquisto rispetto all’uso di una normale carta, e per questo stiamo scommettendo sul mobile payment in store: nei prossimi cinque anni investiremo un miliardo di euro in tecnologia lungo questa direttrice, un percorso che prevede anche lo sviluppo di sistemi di risk-based authentication, che sono già implementati per il 10% delle transazioni».

La direzione non è per tutti la stessa: il servizio Jiffy di SIA, che permette a 4,2 milioni di utenti di inviare denaro in modalità P2P semplicemente scegliendo il destinatario tra i contatti della rubrica, è nativamente mobile, ma ora deve fare il grande salto ed entrare nel mondo P2B, oltre che estendere l’esperienza ai pagamenti on line. «Entro l’estate ci sarà il roll out del servizio dedicato al negozio fisico e poi penseremo alla componente on line», ha anticipato Marco Polissi, Responsabile Service Line di Jiffy – SIA, precisando che comunque tutto passerà dalle mobile app delle banche. «L’utente finale è e sarà sempre il cliente della banca», ha garantito il manager. Rispondendo a una domanda sulla possibilità di offrire servizi gratuiti basati su business model che passano dalla raccolta e dall’analisi dati, Polissi ha detto che non ci sono dubbi al riguardo. «Ci sono diversi provider, a partire dai social media, che sfruttano questo modello. La profilazione del cliente sarà sempre di più la moneta di scambio per ottenere i servizi, anche in ambito finanziario».

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