Cavazzana, Ingenico: “La user experience giusta moltiplica i pagamenti cashless”

Pagamenti cashless sempre più polarizzati sullo smartphone, ma per convincere gli italiani ad abbandonare il contante serve un mix di incentivi e sanzioni. E gli operatori devono lavorare di più sulla user experience

Pubblicato il 05 Dic 2017

Luciano Cavazzana, SVP EMEA Banks & Acquirers Business Units di Ingenico Group
Luciano Cavazzana, SVP EMEA Banks & Acquirers Business Units di Ingenico Group

In prima linea per promuovere la cultura dei pagamenti cashless. Luciano Cavazzana, SVP EMEA Banks & Acquirers Business Units di Ingenico Group, vive il proprio ruolo quasi come una missione. «Il nome di Ingenico è legato a doppio filo a quello dei POS, ma negli ultimi anni la società ha cambiato pelle e oggi ci occupiamo anche di terminali, di Ecommerce, di acquirer… – spiega -. Noi mettiamo a disposizione dei merchant uno strumento sicuro su cui siamo in grado integrare tutta la tecnologia che vogliamo, dalla biometria al mobile».

In Italia, secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano, le transazioni digitali aumentano (+9% anno su anno, in linea con la media europea) e nel 2016 hanno raggiunto quota 190 miliardi di euro. Di questi, circa 160 miliardi passano dai POS tradizionali. I pagamenti innovativi arrivano a quota 30 miliardi di euro, spinti dal contactless (7 miliardi, +700%) e dal mobile (3,9 miliardi, +63%). Al momento, però, nel Belpaese solo una transazione su 5 è regolata senza l’utilizzo di denaro contante, ancora troppo poco se si guarda agli esempi più virtuosi di “cashless society” del Nord Europa. Un esempio? In Norvegia solo il 5% dei pagamenti avviene in contanti e ben l’87% dei norvegesi utilizza abitualmente il proprio smartphone per pagare beni e servizi.

L’aumento dei pagamenti cashless nel nostro paese produrrebbe benefici evidenti soprattutto sull’emersione del cosiddetto “nero”: secondo stime del Forum Ambrosetti, un incremento del 10% delle transazioni elettroniche protratto per 4 anni ridurrebbe il “sommerso” del 5%.

Un ecosistema verso il cashless

Ma come è possibile scardinare le abitudini degli italiani, ancora così legate alla cartamoneta? Cavazzana non ha dubbi su quale debba essere la ricetta giusta: creare un vero e proprio ecosistema a sostegno dell’evoluzione in chiave cashless dei pagamenti. E cita l’esempio della Polonia, dove tutti gli attori del mercato, il governo, i merchant, le fintech, le banche e gli acquirer, si sono messi insieme e hanno creato un fondo con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per far sì che dagli attuali 600mila merchant che accettano i pagamenti digitali si arrivi a 1,2 milioni nel giro di 3 anni. L’iniziativa partirà a inizio 2018 e il fondo servirà a garantire la copertura di tutte le spese (il POS, la manutenzione, i servizi…) per il primo anno. «Le detrazioni fiscali e le lotterie sugli acquisti compiuti tramite carta di credito possono sicuramente contribuire a cambiare l’abitudine radicata in Italia all’uso del contante, specie se a dare il buon esempio è la Pubblica Amministrazione. Ma le buone intenzioni degli operatori da soli non bastano, gli incentivi vanno incanalati e abbinati ad azioni di repressione, come l’imposizione di sanzioni sui prelievi ATM che, finora, state inserite nelle proposte di Legge di Bilancio ma non hanno mai visto la luce, e ad attività di sensibilizzazione nei confronti degli utenti finali».

Aumentare i servizi a valore aggiunto

Questo è il momento giusto, si dice convinto il manager, in cui bisogna investire sull’accoppiamento del mondo

fisico, quello della carta, con lo smartphone. Tutte le tecnologie, la geolocalizzazione, il QR code, l’NFC possono convivere all’interno di un unico dispositivo, per garantire la massima comodità per l’utente. «Oggi le transazioni cashless pesano per il 20% sulle transazioni totali, ancora troppo poco. Bisogna trovare formule nuove, sperimentare. Noi lo abbiamo fatto in passato e continuiamo a farlo ora. Siamo stati i primi a puntare sui POS cassa, che stanno dando ottimi risultati in Turchia mentre in Italia, complice anche una certa resistenza da parte dei merchant, non hanno avuto il successo sperato». La fiscalizzazione gioca un ruolo chiave per favorire la diffusione dei pagamenti cashless e «in molti paesi europei sono già operative le tecnologie che permettono la consuntivazione giornaliera all’Erario della cassa del negozio. Oggi c’è la cassa e c’è il POS, e il merchant deve gestire entrambi separatamente. Bisogna, invece, integrare tutto nei POS cassa».

Mobile come fulcro dei pagamenti

Il nuovo fulcro dei pagamenti è, quindi, lo smartphone e urge un’integrazione sempre più stretta tra dispositivi mobile e terminali POS, nell’ottica di favorire l’erogazione di nuovi servizi a valore aggiunto (magari anche non presenti direttamente nel punto vendita, ma frutto di partnership), dal pagamento delle bollette ai programmi di fidelizzazione, dai coupon ai buoni pasto per arrivare al ticketing. «Siamo stati i primi a capire che questa collisione poteva dare i migliori risultati. La tecnologia è complessa, la sicurezza va garantita e noi abbiamo cercato di semplificarne l’integrazione e siamo oggi in grado di includere nel POS qualsiasi tecnologia, dai pagamenti Peer-to-Peer alla biometria. In passato, per tanti anni abbiamo investito tantissimo su un’unica tecnologia, il mobile NFC, che oggi è in parte superata. Ci eravamo concentrati sugli aspetti della tecnologia e non su quelli della user experience che sono, invece, fondamentali perché non sono gli operatori che scelgono le tecnologie ma gli utenti. Il presente sono gli Instant Payment e il futuro i softPOS, non più una macchinetta fisica ma un software sullo smartphone». La virtualizzazione della carta nello smartphone è senza dubbio lo scenario del prossimo futuro, ma se si guarda all’evoluzione dell’Ecommerce, allora il telecomando della smart TV può essere la nuova frontiera dei pagamenti digitali, è convinto Cavazzana.

Ma come è possibile coinvolgere in questa rivoluzione anche i retailer e i merchant più piccoli? «L’unico modo per farlo è investire, investire tanto, come insegna l’esempio virtuoso della Polonia, e poter contare su un appoggio concreto da parte del Governo. Ci vogliono regole chiare per disincentivare l’uso del contante, come le tasse sui prelievi ATM, e regole forti per favorire i pagamenti cashless. Oggi non ci sono più costi fissi sulle transazioni e nonostante questo molti esercenti rifiutano il pagamento cashless sotto i 10, a volte fino ai 30 euro. In Polonia e in Romania i titolari di un punto vendita perdono la licenza se non accettano la carta di credito, in Grecia sono soggetti a una multa. Per contro, una parte dei pagamenti cashless è defiscalizzata, per far sì che sia il cliente stesso a spingere il punto vendita ad accettare i pagamenti con le carte».

5 dicembre 2017

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