Invisible payments, Pinamonti (Nexi): “Ecco la nuova frontiera dei pagamenti digitali”

L’Head of e-commerce della paytech: “E’ un settore affascinante che si sta evolvendo rapidamente. Anche in Italia la sensibilità degli utenti sta crescendo, e le aziende sono sempre più propense a cogliere i vantaggi dell’innovazione”

Pubblicato il 06 Mar 2019

Dirk Pinamonti_Nexi

Pagare per un servizio, e in prospettiva anche per un bene, senza dover tirare fuori il portafoglio dalla tasca, né esibire la carta di credito. Sono gli invisibile payments, quelli abilitati da una carta tokenizzata in un’app (la cosiddetta “card on file”), che da qui ai prossimi anni potrebbero rivoluzionare l’esperienza d’acquisto dei consumatori. In realtà alcuni utilizzi di questo genere di pagamenti esistono già da anni e hanno dimostrato di essere particolarmente apprezzati dagli utenti: è il caso ad esempio del Telepass, grazie al quale si possono evitare le file ai caselli autostradali, o – volendosi riferire a soluzioni più recenti – di Uber o dei servizi di car sharing: si prenota un mezzo, si effettua lo spostamento, si scende e il pagamento per la tratta percorsa avviene in automatico, senza dover mettere mano al borsellino. In prospettiva questa modalità di pagamento si sta diffondendo a anche nel food e nel grocery, per arrivare in futuro ai “supermercati senza casse” che Amazon ha già iniziato a sperimentare con Amazon Go. 

“Test di questo tipo partiranno presto anche in Italia – spiega in un’intervista a PagamentDigitali Dirk Pinamonti (nella foto), head of e-commerce di Nexi – ma è ancora presto per immaginare possano trovare una diffusione capillare in tempi rapidi. Siamo ancora alla fase della sperimentazione, ma saranno poi le aziende a definire customel jouney. Il compito degli abilitatori come Nexi è quello di farsi trovare pronti e di poter realizzare ogni richiesta, anche la più ambiziosa. E questo vuol dire essere sempre al passo con l’innovazione e poter contare sulle tecnologie più all’avanguardia”. 

Pinamonti, quali sono gli use cases più interessanti che si stanno sviluppando sugli invisibile payments?

Da Uber in poi i casi d’uso si sono moltiplicati. Negozi, supermercati, ristoranti senza fila alla cassa sono uno degli ingredienti che creano la soddisfazione del cliente: oggi a causa delle code gli esercenti perdono fatturato, e sono costretti a impiegare alla cassa personale che altrimenti potrebbero svolgere compiti più produttivi.  Il principio che vale per gli invisibile payments è l’allontanamento dalla Cash economy e un progressivo shift verso i pagamenti digitali evoluti.

Quali sono i player che a livello internazionale stanno investendo di più in questo settore?

In prima fila c’è Amazon, che si sta avviando a superare la logica dei dash buttons e che potrebbe sostituirli presto con il voice commerce. Si passerà così dall’ordinare automaticamente un prodotto premendo un pulsante all’ordinarlo a voce, dando un’indicazione allo smart assistant, in questo caso Alexa. Ma lo stesso principio potrebbe valere anche per gli altri assistenti virtuali in commercio.  E poi i supermercati senza casse di Amazon go. Ma lo spettro dei servizi è ancora più ampio, basti pensare a cosa potrà succedere con l’avvento del 5G e con le potenzialità delle connected car, che potranno abilitare in ottica di invisible payments anche il rifornimento di carburante e il pagamento di altri servizi. 

Qual è la carta vincente degli invisibile payments?

La differenza la fa prima di tutto l’esperienza del consumatore. Una volta che si generano esperienze che vengono adottate su larga scala, nessuno tra chi ha scelto una modalità di pagamento innovativa vorrebbe più tornare indietro. Oggi fette sempre più ampie di popolazione sono abituate a utilizzare i pagamenti contactless, che fanno guadagnare tempo, hanno un fattore di “coolness”, vanno di moda, e consentono di controllare lo speso in tempo reale. Inoltre, man mano che si moltiplicano le esperienze di sharing economy, un universo enorme e in divenire, gli invisibile payment avranno un ruolo sempre più centrale, dalle app di taxi, car sharing, bike sharing, utilizzando anche gli wearables come gli smart watch. In questo momento l’accelerazione è in atto principalmente nel business to business, quindi tra le aziende e gli abilitatori tecnologici del fintech che consentono di implementare le nuove soluzioni, ma questo processo di fatto si riflette in esperienze nella vita di ogni giorno utili e piacevoli per il consumatore finale. Il principio è quello di rendere la via più facile ai consumatori e dare più opportunità di business agli esercenti. Che, è il caso di ricordarlo, grazie ai pagamenti digitali potranno orientale in tempo reale le proprie scelte grazie all’analisi dei big data, e dare vita a offerte personalizzate per i propri clienti in base alle loro abitudini si acquisto o di fruizione di un servizio.

Vuol dire che la storica diffidenza degli italiani verso i pagamenti digitali è acqua passata?

Negli ultimi anni ci sono stati cambiamenti grandi in questa direzione, e oggi i segnali incoraggianti sono tanti. Lo dico con cognizione di causa, perché mi occupo di e-commerce da più di12 anni. Prima gli acquisti online riguardavano soltanto l’IT, nello specifico il consumer electronics e il turismo. Oggi invece l’abbigliamento è diventato il secondo settore per importanza, e in Italia oltre 35 milioni di italiani hanno provato il commercio elettronico. Altro segnale indicativo viene dal food delivery: se soltanto due anni fa gli italiani che acquistavano cibo online erano poche centinaia di migliaia, oggi sono diventati più di 19 milioni. Vuol dire che si è superata una barriera psicologica. Oggi provare un servizio nuovo viene percepito come un’esperienza meno traumatica rispetto soltanto a poco tempo fa. 

Questo lato utenti finali. Esercenti e banche fanno resistenza?

Noi ci definiamo la paytech delle banche: per gran parte di loro, in forma più o meno ampia, siamo fornitori di servizi, e dal nostro punto d’osservazione vediamo che tra un istituto e l’altro ci sono differenze. C’è chi spinge sull’innovazione e chiede servizi sempre più tecnologicamente avanzati, convinto che oggi la banca non sia soltanto quella delle filiali e della fila agli sportelli. Ma altri si muovono in maniera più “conservativa”, passiva: anche loro però non possono fare  a meno di offrire ai clienti servizi innovativi. Sempre più banche, ad esempio, si stanno avvicinando al mobile payment e chiedono di tokenizzare le carte e abilitare il mobile banking.

Qual è la strategia di Nexi in questo contesto di innovazione?

Da una parte c’è la vasta offerta di diverse tipologie e soluzioni di carte di credito e di debito: emettiamo carte e spingiamo sul contactless e sui mobile payments tramite i principali wallets (presto anche Huawei Pay), la nostra app Nexi Pay e l’innovativo servizio Yap. Per gli esercenti e l’acquiring puntiamo su diverse partnership e progetti innovativi. Tra le più importanti si evidenzia quella con Eni dove da un lato siamo il partner tecnico per gli invisible payments del loro servizio car sharing Enjoy e dall’altro permettiamo il checkout in un click dell’applicazione Eni Station Plus, che consente di pagare il carburante senza recarsi ai totem o in cassa.

Sempre in ambito invisible payments siamo gli enabler di MiMoto, il servizio di scooter sharing elettrici che è attivo in due città italiane e in rapida espansione, di SharenGo, di MyParking.it e di GymPay. Siamo inoltre partner di Tper, società di trasporto pubblico dell’Emilia Romagna, per la quale siamo gli abilitatori tecnici dei pagamenti della loro nuova app per il pagamento dei titoli di viaggio. Altri ambiti interessanti in cui ci stiamo muovendo sono le vending machines e il petrol dove collaboriamo rispettivamente con Argenta e Gilbarco. In tutti questi casi il consumatore non si accorge forzatamente che dietro ai servizi di pagamento sopra citati c’è Nexi: ciò che è importante sia per il merchant, per il consumatore e per Nexi stessa, è che tutto proceda liscio, senza intoppi e in totale sicurezza.

Con l’acquisizione di Sparkling 18 ora guardate anche al food e alla grande distribuzione… 

L’acquisizione risale soltanto a qualche mese fa, ma le attività sono già ben integrate. Offriamo soluzioni dedicate sopratutto alla ristorazione e alla grande distribuzione, con un approccio customizzato, attraverso App, punto vendita e cassa. Tra i clienti ci sono Roadhouse, Rosso Pomodoro, Eataly, e Auchan (per il pagamento della spesa al supermercato tramite app). In tutti i questi casi vengono ridotti significativamente i tempi di attesa del pagamento, a beneficio dei consumatori e degli esercenti”

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