Il 10% del sommerso europeo potrebbe emergere con i pagamenti elettronici

Pubblicato il 17 Lug 2013

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In Europa nel 2013 l’economia sommersa varrà oltre 2 mila miliardi di euro, pari al 18,5% del PIL. Meno, in termini di volumi, dello scorso anno, ma ancora notevole, fortemente legato all’utilizzo dei contanti e generato in particolare da lavoro nero e dal non-dichiarato. È quanto risulta da uno studio realizzato da Visa Europe (“The Shadow Economy in Europe, 2013 – Using electronic payment systems to combat the shadow economy), che pone l’accento sull’uso dei pagamenti elettronici come leva per contrastare il fenomeno.

Un triste primato: Italia terza in Europa

Lo Studio stima l’economia sommersa in un range che va dall’8-10% del PIL in Svizzera, Austria, Olanda e Regno Unito fino a toccare il 30% del PIL in Bulgaria, Croazia, Lituania ed Estonia. Escludendo l’Europa dell’Est, l’economia sommersa in Italia rappresenta il terzo più alto livello in Europa (appena dopo Turchia e Grecia), attestandosi a circa il 21% del PIL del Paese, per un valore di 333 miliardi di euro. In questi mesi sono stati fatti mesi notevoli sforzi dei governi di tutta Europa per trovare modalità innovative ed efficienti che supportino la soluzione ai deficit domestici mirando ad arginare l’economia sommersa invece che ricorrere meramente a tagli o aumenti fiscali.

In dettaglio, i due terzi dell’importo di 2.100 miliardi di euro di economia sommersa stimata per l’anno in corso sono da addebitare al lavoro nero, mentre un terzo è rappresentato dal non dichiarato. Secondo lo studio di Visa Europe i pagamenti elettronici sono stati prescelti da molti governi per la loro efficacia nell’arginamento dell’economia sommersa. Per esempio, recentemente la Romania ha stabilito un sistema nazionale di terminali POS (point of sale) e di pagamenti delle imposte via carte di pagamento bancarie che ha innalzato la riscossione tributaria del 34% anno su anno. Il rapporto di Visa Europe stima che un uso mirato dei pagamenti elettronici aiuterebbe a ridurre l’economia sommersa in Europa di un decimo, ossia circa 200 miliardi di euro, in particolare se ci fosse un maggiore focus sul non dichiarato che è stato relativamente sottovalutato dagli sforzi governativi.

L’esperienza internazionale suggerisce che esiste una chiara correlazione tra la dimensione dell’economia sommersa e il numero di pagamenti elettronici che vengono effettuati. Nei paesi dove i pagamenti elettronici sono largamente utilizzati, quale il Regno Unito, la dimensione dell’economia sommersa è significativamente ridotta. I settori particolarmente associabili all’economia sommersa sono: edile, commercio, manifatturiero, turismo e trasporto. Se si volge lo sguardo al settore del commercio, per esempio, il rapporto mostra che lo shopping online crea trasparenza e argina l’economia sommersa perché limita le possibilità di effettuare vendite non dichiarate.

L’alto livello di attività sommersa in Italia è attribuito al non maturo e infrequente utilizzo dei pagamenti elettronici e della loro accettazione, enfatizzato dal fatto che €1 su 23 in Italia è speso su carta Visa contro 1 sterlina su 3 spese su carta Visa nel Regno Unito, un Paese che, infatti, ha un’incidenza del sommerso sul PIL solo del 10%. Lo studio di Visa Europe mostra che in Italia, dove la diffusione dei pagamenti elettronici e l’inclusione bancaria sono relativamente bassi, l’economia sommersa è ai suoi massimi. Tuttavia lo studio evidenzia anche che i pagamenti online in Italia (cresciuti del 17% nel solo 2012) stanno sempre più supportando il contrasto all’economia sommersa, migliorando la trasparenza e così limitando la possibilità di non dichiarare vendite e altre operazioni commerciali.

Davide Steffanini, Direttore Generale di Visa Europe in Italia, ha affermato: La pluriennale esperienza di Visa in Europa ci fa affermare con certezza che se l’uso del contante in Italia fosse ridotto al livello dei paesi che ne fanno l’uso più limitato, si realizzerebbe un risparmio di alcuni miliardi di euro, con un beneficio per il sistema paese e per l’economia europea in generale. Proprio a questo scopo Visa Europe sta lavorando in Italia insieme alle proprie banche socie per incrementare l’uso complessivo delle carte di pagamento, rafforzare l’espansione del network di accettazione, favorire l’innovazione nei pagamenti, in particolare per i micro-pagamenti realizzabili in contactless sia con smartphone sia con carta, e stimolare l’inclusione bancaria”.

Iniziative governative di lungo termine, in particolare la capacità di pagare vari servizi nel settore pubblico con strumenti elettronici, rappresentano un fattore critico di cambio di abitudini.

Esempi in questo senso non mancano. Nel 2010 la Polonia ha introdotto un fondo per la diffusione dei terminali POS, 100 mila in 2 anni e mezzo con il 75% dei terminali ubicati nei settori più propensi all’economia sommersa. Nel 2011, l’Italia stabilì pagamenti elettronici obbligatori per importi superiori a € 1.000. Incentivi fiscali per pagamenti elettronici ai POS furono introdotti combinati alla minaccia di chiusura attività per i commercianti scoperti a non emettere scontrini per 3 volte in un quinquennio. Studi hanno rivelato una raccolta di ben €9,1 miliardi in termini di entrate fiscali aggiuntive. Simili misure obbligatorie sono state introdotte in Spagna (€2.500) e Grecia (€1.500). Infine nel 2012, il Portogallo ha introdotto reportistica obbligatoria alle autorità fiscali da parte delle banche per le transazioni POS degli esercenti

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