La storia di Softcard, “sedotta e abbandonata” da BigG

Pubblicato il 13 Mar 2015

Domenico Aliperto

Sedotta e abbandonata. Peggio: fatta fuori, e in men che non si dica. Molti lo avranno previsto, ma pochi sarebbero stati disposti a dire che sarebbe accaduto così in fretta. Google non ha fatto in tempo ad acquistare per 50 milioni di dollari Softcard (l’annuncio è del 23 febbraio), che la piattaforma di mobile wallet basata su tecnologia NFC condivisa di At&T, T mobile e Verizon è già stata dichiarata un walking dead, un morto che cammina. La data di esecuzione? Il prossimo 31 marzo, quando tutti gli account legati al servizio verranno chiusi. Chi vorrà continuare a sfruttare i servizi di pagamento di prossimità offerti dai tre operatori dovrà usare (o aprire) un profilo Google Wallet, dato che allo stato attuale delle cose non è prevista alcuna migrazione automatica.

Ironia della sorte, Softcard era nata nel novembre 2013 (ma l’annuncio del lancio del progetto a sei mani, da 100 milioni di dollari, risale a due anni prima) proprio per contrastare l’esuberanza di Big G sul fronte dei pagamenti. E l’iniziativa aveva riscosso un certo successo: nel 2011 alcuni tra i principali produttori mondiali di device (tra cui HTC, LG Electronics, Motorola, Samsung, l’allora RIM, oggi Blackberry, e Sony Ericsson) avevano aderito al progetto pianificando la realizzazione di smartphone NFC che supportassero il sistema. Una curiosità: all’epoca la piattaforma si chiamava Isis mobile wallet, ed è stato solo nel settembre 2014 che il nome è stato cambiato nel più rassicurante Softcard, soprattutto per evitare omonimie con il famigerato Stato islamico di Abu Bakr al-Baghdadi. Il 23 febbraio, come detto, c’è stato l’annuncio dell’acquisizione. Un’acquisizione fatta proprio all’indomani di una timida apertura che AT&T, T Mobile e Verizon stavano operando nei confronti di Google Wallet (fino a quel momento Verizon addirittura impediva ai propri clienti l’utilizzo del wallet di Big G) per arginare la nuova e ancora più temibile minaccia, Apple Pay.

Ma Mountain view, che deve fare i conti anche con le mosse di Samsung (appena entrato in possesso di LoopPay) ha scelto la via più diretta e più dura, spazzando via compromessi e ipotetiche alleanze. Arrivando persino a danneggiare i possessori di Windows phone. che non potendo – per lo meno al momento – accedere a Google Wallet, una volta privati della app di Softcard resteranno tagliati fuori dalla propria esperienza di mobile payment.

Le vicende d’Oltreoceano sembrano ancora echi di una cronaca lontana, ma vanno osservate con attenzione, soprattutto in un mercato come quello italiano dove sono prevalentemente le telco a farsi carico della realizzazione dei primi wallet. Proprio come negli Stati Uniti, anche nella Penisola Tim, Vodafone, Wind e 3 hanno collaborato per realizzare una piattaforma condivisa dedicata al couponing e ai programmi di loyalty, primo passo per invogliare i consumatori italiani al cashless, una soluzione che sta per entrare nel vico e che al Mobile World Congress di Barcellona ha riscosso consensi anche presso il pubblico internazionale. I tempi però stringono: occorre concentrare ulteriormente sforzi e risorse, integrare in modo trasparente le soluzioni soprattutto rendendole profittevoli prima che Google, Apple, Samsung o qualche altro colosso venga a cogliere le primizie di un terreno faticosamente coltivato, accaparrandosi poi la parte più consistente di un mercato destinato a esplodere nel giro di qualche anno.

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