Instant payment, una grande occasione (se le banche sapranno coglierla)

Pubblicato il 20 Giu 2016

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Domenico Aliperto

Fino a non più di 12 mesi fa, quando si parlava di instant payment, la comunità finanziaria si interrogava sulla reale necessità per le banche di adottare sistemi di pagamento che sembravano offrire più criticità (in termini di sicurezza, costi per lo sviluppo delle piattaforme e dei nuovi modelli di business, difficoltà nella creazione di una value chain efficace, effettiva profittabilità) che non vantaggi. Oggi, a così breve distanza di tempo e con l’esplosione dei servizi che OTT e società Fintech stanno facendo assaggiare ai consumatori attraverso user experience rivoluzionarie nella loro intuitività, le banche sanno che non c’è alternativa. E dunque l’unica domanda lecita da porsi è: l’instant payment diverrà la nuova normalità? È lungo questa direttrice che si sono sviluppati molti dei dibattiti che hanno animato l’ultima edizione dell’EBADay, che si è tenuta a Milano il 7 e l’8 giugno. D’altra parte la discussione riflette una realtà globale che non può più essere classificata come una serie di casi isolati: sono 19 i framework dedicati ai sistemi di pagamento in real time attualmente allo studio (cinque in più rispetto al 2014). Di questi, cinque sono in via di sviluppo e quattro nei primi stadi di esplorazione. Ma se si considerano le discussioni già avviate per far partire nuovi progetti si arriva a una quarantina di gruppi di lavoro intenti a convergere verso uno standard condiviso.

Il futuro? Comincia oggi

“Sembra che finalmente l’industria si sia svegliata”, dice Stefano Favale, Head of Global Transaction Banking di Intesa Sanpaolo. “Un servizio più economico, più semplice e disegnato sulla customer experience, o meglio ancora integrato nei processi di consumo, può davvero generare nuovo valore per l’intero sistema. Penso al settore pubblico, che ha già dimostrato grande interesse rispetto a questo tipo di infrastruttura, ma più in generale abbiamo l’occasione di correggere un paradigma, quello dell’uso del cash, genera un vero costo sociale, dannoso anche per le banche. Non si tratta comunque di una scelta ormai: vista la piega che ha preso il settore finanziario, se le banche non si adeguano, sono fuori dal mercato”.

Michael Steinbach, CEO di Equens, gruppo specializzato nella processazione di pagamenti a livello paneuropeo, non ha dubbi: “Noi crediamo che nel prossimo futuro tutti i pagamenti saranno instant, per il semplice fatto che oggi già viviamo in un mondo instant. Ecco perché occorre supportare gli investimenti e gli sforzi fatti dalle istituzioni finanziarie: l’uso e la diffusione di questi strumenti ne creeranno automaticamente l’accettazione”.

La questione non è altrettanto semplice per Jurgen Vroegh, Global Head Payments di ING Wholesale Banking. “Noi partiremo nel 2018, ma dobbiamo cominciare da subito a educare i nostri clienti, far comprendere loro cosa è e come funziona il nuovo strumento e riceverne un feedback. Dal punto di vista dell’end user, infatti, l’infrastruttura sottostante e chi la fornisce non contano nulla. La prospettiva è che, una volta integrata nell’esperienza di consumo, l’azione del pagare sparirà letteralmente dalla testa dell’utente. Se non prestiamo la dovuta attenzione al modo in cui le persone si relazionano all’instant payment, i concorrenti si faranno strada puntando su esperienze d’uso più intuitive e accattivanti della nostra”.

Alla ricerca di un nuovo paradigma

Il rischio è quanto mai reale, anche se, come sostiene Cristina Del Mastro Calvetti, Head of Clearing & FX Italy di UniCredit, “le banche sono ancora riconosciute da clienti e regolatori come le organizzazioni più affidabili sul fronte della sicurezza e della compliance normativa”. Ma prestare la dovuta attenzione, come dice Vroegh, significa investire sulle nuove piattaforme senza lasciarsi cogliere dall’ansia di un rapido ROI, sacrificando nelle prime fasi del roll out commerciale del servizio buona parte delle marginalità in nome di valori inizialmente intangibili: quelli della fiducia e della familiarità del consumatore nei confronti dei pagamenti in real time. “Il real time porterà valore vero nelle situazioni di acquisto”, conferma Cathy Pin, Director Global Payments Solutions di CGI. “Non sarà per forza un generatore di ricavi, ma sosterrà indirettamente la crescita sociale, e a quel punto inizierà anche a produrre revenue”. Bisogna cominciare a ragionare in prospettiva, in maniera strategica, rilancia la manager, raccogliendo anche l’approvazione di Jennifer Doherty, Global Head of Commercialisation – Liquidity & Investment Products di HSBC, che sottolinea che bisogna spostare il “focus dagli istituti ai clienti, per i quali l’instant payment porterà una serie di enormi vantaggi pratici”, con il P2P (Peer to Peer) che abbatterà le tradizionali barriere che per anni hanno separato l’ambito B2C da quello B2B.

Il pensiero di Luca Vanini, Global Head of Payments di UniCredit, è ugualmente netto. “Più flessibile è il servizio, maggiore sarà la sua diffusione. A patto che si trovi il modo di accordare valore sia a chi paga che a chi riceve il denaro”, precisa Vanini, anticipando un tema sviluppato più a fondo da Nicolò Romani, Head of Innovation Lab di SIA. “La nostra visione è che non c’è motivo per cui l’instant payment non rappresenterà la nuova consuetudine per le operazioni di pagamento”, dice Romani pensando specialmente ai benefici prodotti per il settore Retail, che mette in moto il 50% di tutte le transazioni. “Ma dobbiamo assolutamente risolvere la logica di business bilanciando i costi del servizio tra chi invia e chi riceve il denaro. Attualmente, i vantaggi sono tutti per chi incassa, mentre gli oneri pesano su chi paga. Meglio agire in anticipo – magari con un accordo quadro tra i vari operatori – rispetto all’iniziativa del regolatore. Anche perché raramente le regole riescono a muoversi alla stessa velocità del mercato. E in ogni caso le singole banche non possono fare tutto da sole”.

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