Alessandro Longo
TransferWise adesso ha la “benzina” adeguata per fare sul serio: per infastidire il mercato bancario con il suo sistema di bonifici internazionali low cost, peer to peer. Un po’ come ha fatto Skype con gli operatori telefonici. Ha fondatori estoni, come Skype, anche la startup TransferWise, che ha però base a Londra. Adesso è diventata un raro caso di investimento europeo da parte di Andreessen Horowitz. La celebre società di venture capital della Silicon Valley vi ha messo infatti 58 milioni di dollari, a gennaio, fiutando il potere “disruptive” e innovativo della startup.
TransferWise aggira le commissioni bancarie che di solito sono molto alte per i bonifici internazionali. Per esempio sono pari al 5-10 per cento dell’importo, per transazioni da un Paese euro alla Gran Bretagna.
I due fondatori, Taavet Hinrikus (ex Skype) e Kristo Kaarmann avevano appunto questo problema: dovevano inviarsi denaro dall’Estonia alla Gran Bretagna, di frequente, e dovevano quindi trovare un modo per risparmiare.
Come funziona TransferWise
Di qui è nata l’idea di TransferWise, che fa da intermediario. Immaginiamo che un italiano voglia mandare soldi al conto corrente di un inglese. Lo fa non direttamente al beneficiario ma a TransferWise, o tramite carta di credito o con bonifico a un conto italiano di questa azienda.
A questo punto interviene l’innovazione: un software incrocia i trasferimenti di denaro con quelli di uguale importo che viaggiano in senso opposto. C’è un italiano che vuole mandare mille euro a un inglese? TransferWise incrocia questo pagamento con un altro contemporaneo, fatto da un altro inglese che vuole mandare (in sterline) lo stesso importo a un altro italiano. Allora gira direttamente i soldi del primo inglese al secondo inglese; e i soldi del primo italiano al secondo italiano, dei due diversi pagamenti.
Insomma, i “nostri” soldi non lasciano mai effettivamente il nostro Paese. In questo modo non c’è un bonifico internazionale diretto. L’effetto: la commissione è di un euro per importi fino a 200 euro e dello 0,5 per cento per quelli superiori.
I piani di crescita
Al momento la startup impiega 250 persone e opera su 292 valute, con una transazione media di 1500 sterline e un totale (nei quattro anni di attività) di 3 miliardi di sterline, che hanno generato risparmi, in commissioni, per 135 milioni. Adesso progetta di aprire sedi in Germania, Australia e Stati Uniti e aggiungere altre 300 valute entro il 2015.
Finora si è rivolta soprattutto al pubblico di consumatori e professionisti ma è utilizzabile anche dalle Pmi– l’importo massimo concesso è di un miliardo di sterline (o l’equivalente in altre valute). È possibile che i nuovi finanziamenti le consentiranno di aggredire con più forza il mercato delle aziende.
«Grazie a TransferWise e ad altri sistemi di finanza peer-to-peer sta nascendo uno strumento molto forte di concorrenza al sistema bancario», dice al nostro sito Mario Calderini, docente del Politecnico di Milano, dove insegna strategia e management dell’innovazione.
«Possiamo dire che stanno sorgendo veri e propri over the top del sistema bancario, come sono Skype, Google e Facebook nei confronti degli operatori telefonici. L’effetto sarà di una pressione mai vista sui prezzi, ma anche a uno stimolo all’innovazione, dove le banche finora si sono impegnate poco», aggiunge.
«Certo però il meccanismo funziona solo se questi servizi saranno in grado di conquistarsi la fiducia degli utenti. La reputazione sarà un fattore sempre più importante da considerare, man mano che gli importi gestiti dai nuovi over the top cresceranno di pari passo con le loro mire».
Il mercato delle aziende medio-grandi sembra al momento fuori dalla portata del peer to peer finanziario. Del resto, la stessa Google ancora oggi fatica a imporre il proprio Cloud alle grandi aziende, che restano un ambito privilegiato per gli operatori telefonici. Un fattore in gioco sarà anche l’abilità degli attori tradizionali di innovare, reagendo agli over the top.
I telefonici lo stanno facendo, combattendo sul terreno dei servizi. Le banche dovranno mostrarsi all’altezza della sfida che si va preparando per loro.