Portale, Polimi: con Nexi – SIA si afferma il “Made in Italy” dei pagamenti innovativi

Il merger tra le due aziende crea una realtà vicina ai 2 miliardi di euro in grado di coprire le principali fasi “core” della filiera dei pagamenti e con la fisionomia di una Tech Company di respiro europeo. L’analisi di Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano

Pubblicato il 16 Ott 2020

Valeria Portale, Direttore dell'Osservatorio Mobile e Innovative Payments, Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano
Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Innovative Payments, della School of Management del Politecnico di Milano

L’annuncio della fusione tra Nexi e SIA crea un gruppo italiano con una forte presenza a livello europeo e con un giro d’affari di quasi due miliardi di Euro. Siamo davanti a un’operazione tra due attori caratterizzati da una fortissima vocazione all’innovazione e con una ampia copertura della filiera dei pagamenti, dal POS per i piccoli esercenti, alla gestione delle transazioni bancarie internazionali cross border. Secondo alcune chiavi di lettura si tratta anche di una importante occasione per affermare il Made in Italy dei pagamenti innovativi a livello internazionale e per consolidare il ruolo e la capacità di innovazione di una Tech Company con una capacità di azione che può anche andare oltre l’ambito del payment.

Per capire le prospettive di questa operazione abbiamo incontrato Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano.

Ci sono oggi le condizioni per parlare di un Made in Italy anche per l’industria dei pagamenti?

Certamente sì. Uno degli obiettivi di questa operazione è da leggere nella possibilità, anche per le dimensioni di questo gruppo, di esportare l’expertise dei pagamenti Made in Italy anche all’estero. Si tratta di una decisione strategica che ha certamente il sostegno delle istituzioni, con un ruolo fondamentale, come ben sappiamo, di CDP. Nello stesso tempo va aggiunto che siamo in uno scenario contrassegnato da operazioni di consolidamento e di concentrazione tra diversi fornitori di servizi di pagamento. Appare peraltro sempre più evidente che la competitività nell’industria dei pagamenti è strettamente collegata alle economie di scala e alla capacità di garantire un presidio a livello internazionale.

Possiamo tracciare il profilo della nuova realtà che esce da questa operazione?

Nexi e SIA sono due realtà molto complementari che già collaborano in diversi progetti di innovazione basati sull’utilizzo dei pagamenti digitali e che insieme sono nella condizione di coprire le fasi core della filiera dei pagamenti. In questa operazione Nexi porta valore sicuramente nelle fasi di acquiring e issuing, mentre SIA, da payment processor, ha una maggiore vocazione all’innovazione a livello di infrastrutture e backend dei pagamenti. Il gruppo è così nella condizione di coprire le fasi core del processo di acquisizione e di pagamento, che resta in ogni caso abilitato dal mondo bancario.

Quali sono a tuo avviso i punti di forza di questa operazione?

La capacità di innovazione. Anche qui le due aziende possono far leva sulla loro complementarietà. Nexi arriva da un processo di integrazione e trasformazione di aziende impegnate su varie fasi dell’industria dei pagamenti (la società è nata ufficialmente nel 2017 con il payoff di Paytech company). In Nexi è infatti arrivata l’esperienza del circuito CartaSi e di realtà impegnate nello sviluppo di POS e di servizi di acquiring come Bassilichi e Mercury Payment Services. SIA, oltre al ruolo di infrastruttura di backend per la gestione dei pagamenti per il mondo delle banche, ha lanciato anche progetti innovativi come la piattaforma Jiffy per il P2P che è poi diventata BancoMat Pay, piuttosto che soluzioni e progetti nell’ambito della Pubblica Amministrazione. Sempre rispetto alla Pa sono entrambe presenti sul progetto PagoPA.

Non ultimo, hanno mostrato una particolare attenzione ad attuare forme di collaborazione con il mondo delle startup. Ci possiamo aspettare dunque che la nuova realtà possa spingere di più su questi acceleratori: innovazione interna e collaborazione con startup innovative.

In considerazione delle dimensioni e della copertura sulla filiera dei pagamenti non c’è un rischio di “monopolio” per il mercato italiano?

Il respiro internazionale di questa operazione è una garanzia, più che un ulteriore “presidio” sull’Italia. Vedo una forte propensione a competere in Europa, a portare la capacità di innovazione del gruppo su altre banche e su altri “clienti” a livello europeo. La vocazione internazionale è chiara ed è uno dei valori di questa operazione.

Che impatto avrà a livello di mercati? Cosa può cambiare a tuo avviso?

Il mercato primario per questa nuova realtà è e resta quello delle banche. In entrambi i casi il portfolio di servizi per il mondo degli istituti di credito resta centrale e fondamentale. Ma siamo in un mercato molto dinamico. Sappiamo bene che anche per gli effetti della PSD2 e dell’Open Banking le “imprese del credito” stanno cambiando, ci sono nuovi concorrenti e i “grandi utenti” del mondo payment come i retailer, le utility, le società di servizi, le Pubbliche Amministrazioni sono in evoluzione e hanno bisogno di portare innovazione ai loro clienti e ai cittadini. Anche in questo scenario sono importanti sia le dimensioni e sia la capacità di innovazione sulla filiera dei pagamenti per comprendere bene questi nuovi bisogni e per dare risposte innovative.

Possiamo fare un esempio?

In alcuni settori, nel turismo ad esempio, ma anche nella logistica o nell’industria, i grandi player internazionali hanno la necessità di gestire transazioni con attori diversi, in mercati diversi ,su piattaforme diverse. Ecco che appare importante per loro poter contare su provider in grado di fornire una sorta di “gateway unico”. Questa opzione può rappresentare un valore che questi player internazionali possono trasferire ai loro clienti e ai loro partner in termini di accessibilità e facilità nell’erogazione dei servizi. Stiamo parlando di prospettive che hanno come obiettivo la semplificazione della gestione di molteplici esperienze di pagamento su molteplici piattaforme, per servizi con una forte diffusione internazionale.

Si può parlare di Nexi – SIA come di una Tech Company in grado portare innovazione digitale anche in altri ambiti? Possiamo guardare a questo gruppo come a una realtà che va oltre il mercato dei pagamenti digitali?

Questo è un punto molto importante e corrisponde a un trend che si registra nell’ambito dei servizi di pagamento. Il nodo cruciale risiede nel sistema di remunerazione del mondo payment. La componente transazionale è sotto pressione e gli attori sono alla ricerca di nuove revenue stream. Nello stesso tempo i servizi di payment rappresentano un eccellente punto di ingresso in tante realtà e possono essere un abilitatore di progetti di innovazione più articolati. La sfida è quella di costruire dei revenue model che non siano basati solo sul payment con le tradizionali logiche transazionali, ma che siano sempre più orientati alla creazione e gestione di servizi innovativi, magari con logiche di subscription. In questo senso Nexi – SIA può essere letta come una Tech Company capace di presidiare altri ambiti di innovazione digitale.

Rimaniamo su questo tema e guardiamo a SIA che da tempo è impegnata in attività di sviluppo blockchain. E’ un altro ambito dove si può esprimere un ruolo da Tech Company?

La blockchain è un terreno appropriato per questo tipo di sviluppi, perché presuppone la creazione di ecosistemi con necessità di innovazione molto diversificate. Intanto va detto che il gruppo parte da una infrastruttura come SIAChain che consente di mettere in rete attori come banche, retail, Pubbliche Amministrazioni. In secondo luogo, ci sono use case e sperimentazioni importanti che consentono di estendere il raggio d’azione anche al mondo dell’industria e ad altri settori, pensando in particolare ad ambiti come l’Identity management, la gestione documentale, la tracciabilità.

I punti di forza sono molto chiari, quali possono essere invece i punti di debolezza?

Più che un punto di debolezza possiamo indicare un fattore di rischio, ovvero che la complessità dell’operazione possa far perdere incisività e focalizzazione sull’innovazione. Un rischio reale che si corre quando grandi aziende affrontano processi di concentrazione e integrazione di grandi dimensioni che possono impattare sul time to market.

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