E che PSD2 sia …! – Sesta puntata: cambiano le regole per l’uso del credito telefonico come mezzo di pagamento

Pubblicato il 15 Nov 2018

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Sesta puntata del nostro ciclo di articoli che accompagnano l’attuazione della PSD2 a posteriori dell’emanazione del decreto legislativo di recepimento [1].

Anche in questo articolo torniamo sul tema anticipato con il precedente contributo del 12 marzo relativo agli obblighi di notifica che, ai sensi della nuova direttiva sui servizi di pagamento, si estendono a quei soggetti – attualmente non vigilati – operanti in regime di deroga, fra cui è possibile ricomprendere i fornitori di reti o servizi di comunicazione elettronica che, in aggiunta a servizi di comunicazione elettronica, consentono a un utente della rete o del servizio di effettuare operazioni di pagamento addebitandone il costo nella relativa fattura (o pre-alimentando il proprio conto).

A titolo esemplificativo si possono annoverare nel circoscritto di tali soggetti gli operatori di rete (mobile, fissa) strutturati o virtuali (MNO/MVNO) che propongo soluzioni di pagamento basate sul credito telefonico per l’acquisto di prodotti digitali o “digitalizzabili” (vedremo nel dettaglio cosa intendiamo con questo termine), indipendentemente dalla tecnologia usata (non solo carrier billing, dunque) e pur sempre nel rispetto di un principio basato sul valore aggiunto (o aggiuntivo) che l’operatore offre rispetto alla propria principale proposizione di business.

Il provvedimento Banca d’Italia 11 ottobre 2018 relativo agli obblighi di notifica

Come già si era trattato nella precedente puntata di questa miniserie di contributi editoriali monotematici, la nuova direttiva sui servizi di pagamento, al pari della precedente PSD1[2] ad oggi abrogata, esclude dal proprio ambito di applicazione (il c.d. “Positive Scope”) taluni servizi e operazioni di pagamento, laddove ricorrano determinate circostanze.

In dettaglio, con la PSD1, gli operatori che ritenevano di operare nel perimetro di dispensa (il c.d. “Negative Scope”), non erano tenuti a consultare le autorità competenti per verificare l’effettiva conformità al regime di esclusione; ciò ha provocato un’applicazione disomogenea di tale regime tra gli Stati membri.

La PSD2, invece, interviene su questo punto specifico, prevedendo che “i prestatori di servizi siano tenuti a fornire una descrizione dell’attività svolta alle autorità competenti, affinché queste ultime possano valutare se siano o meno soddisfatti i requisiti prescritti dalla normativa per operare in regime di esclusione”, come correttamente precisa l’incipit del nuovo provvedimento di Banca d’Italia emanato l’11 ottobre 2018 e vigente dal 30 ottobre dello stesso anno[3], dispositivo che analizzeremo in questo contributo.

 

I nuovi soggetti “vigilabili” e l’iscrizione all’albo degli Istituti di Pagamento

Alla stessa stregua di quanto avevamo assunto nelle precedente puntata, nel novero dei soggetti obbligati che, per semplicità, definiremo “vigilabili”, con ciò rimarcando il senso del provvedimento in esame, rivolto a coloro che, operando in regime non vigilato, sono ora obbligati a notificare la propria attività in Banca d’Italia, compaiono i fornitori di reti o servizi di comunicazione elettronica che, suppletivamente a tali servizi, consentono a un utente della rete – o del servizio – di effettuare operazioni di pagamento addebitandole alla relativa fattura o pre-caricando il proprio conto presso il fornitore in parola, a condizione che il valore di ciascuna operazione non superi 50 euro e che il valore complessivo delle operazioni stesse non superi, per singola utenza, un importo medio mensile pari a 300 euro, calcolato su base annuale.

In aggiunta all’imposizione (ed al conseguente rispetto) di tale cap, al fine di poter mantenere l’esercizio in deroga è necessaria la ricorrenza delle seguenti caratteristiche distintive l’operazione di pagamento attuata:

  1. acquisto di contenuti digitali e servizi a tecnologia vocale;
  2. acquisto effettuato da o tramite un dispositivo elettronico per l’acquisto di biglietti relativi esclusivamente alla prestazione di servizi;
  3. acquisto effettuato da o tramite un dispositivo elettronico nel quadro di un’attività di beneficenza, per effettuare erogazioni liberali destinate agli enti del terzo settore[4] (quali, ad esempio, si configurano essere le attività di donazione usualmente in pratica per iniziative caritatevoli e/o di beneficienza, adottate – da tempo – da moltissimi connazionali).

Per tali operatori, al ricorrere delle condizioni e nel rispetto dei limiti summenzionati, l’obbligo di comunicazione sussiste, con ciò intendendo che:

  1. al verificarsi di dette condizioni l’operatività può essere ancora considerata in deroga, ma vige l’obbligo di iscrizione all’albo degli Istituti di Pagamento[5] la cui conferma, ovvero richiesta di chiarimenti con riferimento alla documentazione trasmessa, viene dalla Banca d’Italia comunicata all’operatore entro tre mesi dalla ricezione delle notifiche;
  2. al di fuori di dette circostanze l’operatività non si considera mai (o più) in deroga.

In dettaglio, significa che il verificarsi delle condizioni di cui al primo punto della precedente lista pone l’obbligo in capo all’operatore di notificare a Banca d’Italia, entro centoventi giorni dalla chiusura contabile dell’esercizio, i dati che vedremo riassunti nel successivo paragrafo.

A seguito di tali comunicazioni, il prestatore “vigilabile” potrà essere iscritto nell’albo degli istituti di pagamento tenuto dalla Banca d’Italia, ove potrebbe rendersi[6] evidente la circostanza di un’operatività in regime di esclusione; in questo albo verrà anche annotata l’eventuale revoca della possibilità di offrire servizi di pagamento in regime di dispensa.

Al ricorrere, invece, delle circostanze di cui al secondo punto della lista prima delineata, l’operatore dovrà prestare un servizio di pagamento nel regime di vigilanza prescritto per gli Istituti di Pagamento non derogati.

 

I dati che devono essere notificati dai soggetti “vigilabili”

In sede di prima notifica, i soggetti obbligati dal provvedimento in esame devono comunicare alla Banca d’Italia le seguenti informazioni:

  1. dati di identificazione del segnalante;
  2. autorità competente per il rilascio dell’autorizzazione e/o per l’esercizio dell’attività di vigilanza;
  3. fattispecie di esclusione in cui rientra l’attività svolta:
    • acquisto di contenuti digitali e servizi a tecnologia vocale;
    • acquisto di biglietti relativi esclusivamente alla prestazione di servizi;
    • erogazioni liberali destinate a organizzazioni senza scopo di lucro, nel quadro di un’attività di beneficenza;
  4. descrizione del servizio prestato:
    • modalità di pagamento utilizzate (addebito dell’operazione nella relativa fattura o addebito su conto pre-alimentato presso il fornitore di reti o servizi di comunicazione elettronica);
    • categorie di beni e/o servizi acquistabili tramite lo strumento di pagamento utilizzato;
    • organizzazioni senza scopo di lucro destinatarie delle erogazioni liberali;
  5. descrizione delle misure di controllo predisposte per assicurare il rispetto dei limiti quantitativi relativi agli importi massimi (per transazione e mensili);
  6. utenze e operazioni di pagamento:
    • periodo di riferimento;
    • numero di utenze che usufruiscono dei servizi;
    • valore complessivo delle operazioni di pagamento.

Le informazioni sopraelencate devono essere certificate da un revisore indipendente[7], o, in alternativa, dall’organo con funzione di controllo, ove presente.

Qualora intervengano cambiamenti nelle informazioni di cui ai punti da 1 a 5 della precedente lista, il prestatore deve informare tempestivamente la Banca d’Italia, notificando esclusivamente le sezioni dello schema che necessitano di aggiornamento.

Entro centoventi giorni dalla chiusura contabile dell’esercizio, il prestatore di servizi notifica alla Banca d’Italia il numero di utenze e operazioni di pagamento riportando gli aggiornamenti necessari.

Entrata in vigore del provvedimento e disciplina transitoria

Il provvedimento analizzato in questo articolo è in vigore dal 30 ottobre 2018.

Entro centoventi giorni dalla chiusura contabile del primo esercizio che si conclude successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento in parola, i soggetti “vigilabili” che già prestano i servizi di cui abbiamo trattato alla data del 13 gennaio 2018, devono notificare alla Banca d’Italia le informazioni elencate nella comunicazione di prima notifica.

Opportunità che emergono dall’applicazione del regolamento e qualche osservazione

Concludiamo questo contributo non senza stimare, in assoluta sintesi dipesa dall’economia dell’articolo, quali possano essere le opportunità rivenienti dall’applicazione di questo provvedimento. Diamo, inoltre,  evidenza di alcune osservazioni che, nelle more di possibili ulteriori chiarimenti, ci sembra corretto riportare.

L’ampliamento della deroga relativa alle tipologie di prodotti o servizi per le quali il credito telefonico può essere impiegato come mezzo di pagamento, merita una speciale attenzione con riferimento alla opportunità di acquisto dei biglietti relativi esclusivamente alla prestazione di servizi.

Se, infatti, nel regime della PSD1 e, in particolare, in quello disposto dal provvedimento 5 luglio 2011, recante: «Attuazione del Titolo II del decreto legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010 relativo ai servizi di pagamento (Diritti ed obblighi delle parti)» di cui abbiamo trattato nella quarta puntata di questo ciclo di contributi, oggi abrogato, era chiaramente evidenziato come il biglietto per il trasporto pubblico fosse escluso dal perimetro di dispensa, nel nuovo provvedimento sembrerebbero aprirsi possibilità che vanno a includere (o, meglio, a non escludere) una pluralità maggiore di categorie di biglietti – potremmo chiamarli con il loro nome corretto: “titoli di legittimazione” – finalizzati alla fruizione d servizi, fra i quali ricomprendere non solo il trasporto pubblico.

Appare utile osservare, a tal proposito, l’assenza di una qualificazione “digitale” dei servizi che possono essere prestati a fronte della opposizione di un titolo di legittimazione smaterializzato, negoziato mediante credito telefonico. Ciò potrebbe abilitare scenari prospettici in cui l’acquisto di “voucher digitalizzati”, per esempio, consenta la fruizione di servizi “fisici”, usando lo smartphone quale strumento “attivatore” del servizio stesso, sfruttando la capacità di essere – anche – un mezzo di identificazione digitale.

L’attenuazione dell’accento che nell’abrogato provvedimento di luglio 2011 era posto precipuamente sul ruolo essenziale del valore aggiunto apportato dall’operatore di telecomunicazione, tale che senza di esso non sarebbe stato possibile fruire del bene o del servizio (ora, infatti, si parla solo di servizi di pagamento “in aggiunta” a quelli di comunicazione elettronica, senza rimarcare l’essenzialità di tale impiego ausiliare), potrebbe aprire gli sviluppi a servizi prestati da MVNO/OLO.

Poniamo infine enfasi su una questione attinente il cap introdotto con la PSD2 sugli importi delle transazioni effettuate con il credito telefonico, superato il quale non è (più) possibile operare in modalità derogata. Questa previsione, peraltro confermata nel provvedimento di attuazione Banca d’Italia di cui abbiamo trattato in questo articolo, si applica anche all’acquisto di contenuti digitali (fra cui, ad esempio, un contenuto editoriale digitale) e servizi a tecnologia vocale. Tale tipologia di bene digitale, mai attenzionata da specifiche normative di settore in ambito pagamenti, risulta oggi in scope. Un’attenzione in più, dunque, per gli operatori di rete, per un mercato ad alte marginalità.

Alla prossima puntata.

NOTE


[1] D.lgs n. 218/2017 del 15 dicembre 2017.

[2] Direttiva 2007/64/CE

[3] Il provvedimento è emanato in attuazione dell’articolo 2, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010 relativo ai servizi di pagamento, come novellato dal D.lgs n. 218/2017 di recepimento della PSD2 in Italia

[4] Gli enti in esame sono quelli di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, che esercitano in via esclusiva o prevalente una o più attività caritatevoli tra quelle di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Cabina di regia di cui all’articolo 97 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117; a organizzazioni senza scopo di lucro di cui all’art. 2.

[5] Albo di cui all’art. 114-septies del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (TUB).

[6]L’uso del condizionale ci pare opportuno in questa sede, volendo precisare che il provvedimento di attuazione di cui stiamo trattando, all’atto della propria emanazione non prevede esplicitamente quanto, invece, era stato proposto in consultazione pubblica, con riferimento al fatto che i prestatori possano essere iscritti nell’albo degli istituti di pagamento con evidenza della circostanza di un’operatività in regime di esclusione.

[7] Ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, come modificato dal decreto legislativo 17 luglio 2016, n. 135

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