Mobile Payment, ora serve una user experience vincente

Pubblicato il 18 Giu 2015

Domenico Aliperto

Marco Loro, Associate partner di Pay Reply

Tra i tanti se che contraddistinguono l’evoluzione dei pagamenti innovativi, Marco Loro, Partner di Pay Reply, ha una certezza: troverà spazio nel mercato chi saprà garantire ai consumatori una esperienza di acquisto appagante e utile, capace in altre parole di trasmettere valore. I casi di Starbucks e Apple Pay d’Oltreoceano insegnano. Più che cercare un vincitore tra i tanti player in gioco, facendo la cernita tra produttori di device, retailer e OTT, occorre pensare alla semplicità a cui oggi deve aspirare l’intero sistema. «Per quanto mi riguarda, la parola d’ordine è smaterializzazione», dice Loro, «anche rispetto ai terminali di accettazione».

L’arrivo degli strumenti di pagamento degli OTT e dei vendor tecnologici (a partire da Samsung e Microsoft) è imminente. Qualcuno li teme, qualcun altro li attende con ansia per dare al mercato italiano la spinta decisiva di cui ha bisogno. Il suo punto di vista?

Vedo senz’altro con grande ottimismo l’ingresso di nuovi player sul mercato, indipendentemente dalla tecnologia che porteranno. In Italia abbiamo osservato che l’approccio Sim based non ha funzionato per ragioni precise: una filiera lunga, diverse complessità tecnologiche e ruoli dei vari player che non si sono chiariti. La filosofia cloud based, con l’HCE, ha spostato il baricentro della questione facendo evolvere la tecnologia da soluzioni chiuse, tipiche del mondo tradizionale dei pagamenti, ad applicazioni aperte. Apple pay, con il suo servizio device based, ha portato un ulteriore elemento di novità, contribuendo a indirizzare il mass market. Tutti gli attori hanno semplificato il processo, e questo è e sarà un beneficio per tutti. Anche per le banche, che cominciano a sentire una certa pressione competitiva: se prima i pagamenti erano appannaggio di chi emette lo strumento o di chi è responsabile della gestione del credito, oggi chi ha la capacità di indirizzare una user experience semplice parte da una posizione avvantaggiata.

In Italia chi è destinato a occupare questa posizione: gli OTT? I vendor? Il retail?

È difficile in questo momento dire chi potrà indirizzare il mercato. Di sicuro chi sviluppa i sistemi operativi e i device possiede elementi importanti, ma è anche vero che il retail avrà senz’altro un certo peso. Noi per esempio stiamo studiando il caso Starbucks, che negli Stati Uniti ha raggiunto la cifra record di 16 milioni di utenti attivi sulla propria app di mobile payment. Non è solo un valore assoluto di tutto rispetto, rappresenta pure una percentuale significativa di tutte le transazioni di m-payment registrate negli Usa. Evidentemente i pagamenti mobile implicano una esperienza completa d’acquisto che se indirizzata bene dai retailer si rivelerà determinante.

Si riferisce a promozioni e programmi di loyalty?

Non necessariamente. La leva promozionale conta meno della user experience, e soprattutto del valore che il consumatore percepisce e trae dall’esperienza di acquisto, quando lo strumento soddisfa un bisogno implicito. Penso per esempio alla possibilità di acquistare un biglietto per il trasporto pubblico locale in situazioni di fuori orario o quando non si ha moneta in tasca per i distributori automatici. Poi possono esserci situazioni più articolate con alle spalle tutta una filiera di servizi e programmi di loyalty ben fatti, perché no. Ma credo che il futuro sarà all’insegna di due scenari: da una parte le soluzioni autoconsistenti, ovvero wallet adatti alle più svariate occasioni d’acquisto, e dall’altra applicazioni retail che si evolvono attraverso funzionalità e servizi.

In questo contesto nasce prima la domanda dei consumatori o l’offerta di strumenti di pagamento da parte dei retailer?

Tocca al lato offerta portare sul mercato novità significative. I consumatori sono già pronti e disponibili a usare lo smartphone. La percezione del mercato sul fronte della sicurezza ha fatto passi da gigante, grazie all’ingresso di brand significativi nella partita, mentre i casi Apple pay e Starbucks dimostrano che non c’è bisogno di sensibilizzare il pubblico, ma di offrire servizi semplici e attraenti, che valgano la pena di essere utilizzati.

Quali scenari si aprono per l’NFC?

Penso che in questa fase sia un abilitatore fondamentale: tutta la rete di accettazione, che si basa su Pos fisici, è pronta a chiudere la filiera dei pagamenti innovativi. A tendere, invece, vedo l’NFC come un elemento di freno e addirittura un problema da superare. Questo perché la tecnologia sottostante implica necessariamente un elemento di prossimità e un apparato hardware che può diventare costoso da mantenere. Senza contare che definisce una user experience obbligata, con potenziali punti di aggregazione e saturazione. A me piace pensare che così come passando dalle carte ai device c’è stata la smaterializzazione dello strumento di pagamento, allo stesso modo si possa smaterializzare il terminale, dando vita a una logica di Host Pos Emulation. Non è troppo ambizioso: è già possibile realizzarlo in tutta sicurezza e offrirebbe il massimo grado di libertà per l’esperienza in store, senza barriere cassa, e rivelandosi rivoluzionario in altri scenari, come per esempio nelle stazioni di servizio self service, dove ci si potrebbe rifornire di carburante senza nemmeno scendere dall’auto.

Che ruolo avranno i sistemi di rilevazione biometrica in questo mercato?

Saranno fondamentali per semplificare le esperienze di acquisto. Niente più pin o password da ricordare. Noi portiamo avanti il concetto di biometria multidimensionale: prima di effettuare il pagamento potrebbe essere richiesto sia il touch ID che il riconoscimento facciale, con due livelli di sicurezza in grado di soddisfare i parametri della BCE in termini di strong authentication.

Quando pensa che vedremo i primi esempi?

Ci stiamo lavorando, sia sviluppando progetti in autonomia sia facendo perno sulle piattaforme di grandi player come Apple e Google. Ritengo che nel corso del prossimo anno si vedranno le prime soluzioni robuste.

Come pensa che evolverà la situazione nei prossimi mesi?

Il mercato esprime dinamiche che non ruotano più intorno agli strumenti di monetica tradizionale, spesso sostituiti da canali di alternative payment: lo shift tecnologico che ha portato alla smaterializzazione del denaro ha abilitato soluzioni che fino a poco tempo fa erano appannaggio delle sole operazioni di trasferimento di denaro tra consumatori. Oggi invece si può utilizzare il bonifico o il P2P anche per effettuare acquisti in store. Lo scenario sarà sempre più articolato, ed estremamente competitivo.

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