La user experience più efficace? Quella su misura (dell’utente e della situazione)

Pubblicato il 04 Set 2015

Del tutto seamless e silente oppure ingaggiante e interattiva? Quale sarà la user experience che dominerà il mondo delle transazioni digitali nell’era dei wearable e dei sistemi di pagamento multipiattaforma? La risposta non è univoca, e non potrebbe esserlo, vista la moltitudine di situazioni di acquisto a cui sono chiamati i consumatori. Si può forse essere sicuri solo di una cosa: dovrà essere intuitiva, un elemento armonicamente inserito in un processo che tappa dopo tappa farà riferimento a esperienze e interfacce, a cavallo di realtà fisica e virtuale, ben note all’utente. Ecco il punto di vista di Marco Loro, partner di Pay Reply, società specializzata nei servizi di consulenza e nelle piattaforme tecnologiche dedicate all’m-payment.

Marco Loro, Partner di Pay Reply

A questo punto parliamo di una user experience o di tante user experience, vista la pletora di soluzioni, device e gestualità che stanno nascendo intorno ai pagamenti digitali?

Sottoscrivo l’osservazione, ma parlerei di user experience al singolare. Deve essere unica, ovvero integrata, in senso opposto ai vincoli e ai paradigmi a cui una serie di regole insindacabili hanno sottoposto i sistemi di pagamento elettronici fino a poco tempo fa. Ed erano proprio questi limiti a causare la caduta del tasso di conversion: una user experience non soddisfacente ha ripercussioni enormi sull’esperienza di acquisto. Ora, con la digitalizzazione e l’integrazione dei sistemi, si può e si deve cambiare registro: bisogna rivolgersi all’utente considerando di volta in volta i codici di comportamento e il tipo di transazione che affronta, con metodi di autenticazione specifici. Non si parla più di un semplice pagamento, ma di un intero processo che comprende anche un momento di pagamento. Stiamo vivendo una fase di discontinuità, e la nostra missione è per l’appunto sostenere banche e clienti in questo percorso, ponendo la massima attenzione nel disegnare le soluzioni destinate al grande pubblico.

Mentre Apple Pay è sbarcato in Europa e l’Apple Watch è disponibile in Italia, in Cina e a Singapore i pendolari a breve accederanno alla metropolitana senza nemmeno “tappare”, grazie a un braccialetto elettronico su cui è registrato l’abbonamento. Su quali dispositivi bisogna puntare? 

Guarderei a smartphone e a tablet come device di partenza. Sono gli strumenti che tutti hanno in mano e rappresentano una piattaforma semplice e di uso comune. Ma questo non significa che gli operatori debbano dimenticare che ormai gli utenti sono abituati a sperimentare esperienze nuove, e che uscire dai benchmark di settore, adottando per l’appunto la prospettiva del consumatore, è vitale. Le App possono anche essere sofisticate, ma l’approccio per l’utente deve essere il più semplice possibile: non deve faticare nell’utilizzo di una interfaccia, ma ricondurla a un’esperienza pregressa, fatta su canali diversi, come per esempio i social media. D’altra parte sfruttare le capability peculiari di ciascun sistema operativo significa dare all’applicazione maggiore coerenza nelle dinamiche di interazione.

Cioè?

Se io ho un iPhone e scarico una App che sfrutta le gesture specifiche per la piattaforma iOS, non avrò difficoltà a usarla perché avrò già interiorizzato determinati codici di comportamento. Sono questi gli aspetti da considerare se si vuole determinare un abbassamento della curva di apprendimento e agevolare l’utente nella comprensione di servizi specifici, evitando forme di rifiuto. Dopodiché ci sono situazioni con pagamenti ricorrenti e di basso importo, come quelle che ha citato lei, per le quali si può sicuramente pensare, grazie ai wearable, a un’esperienza più seamless e smaterializzata, o che addirittura non preveda alcun rapporto tra utente e sistema di accettazione. Ma l’Apple Watch o il braccialetto elettronico rappresenterebbero a questo punto la naturale evoluzione di una user experience efficace in contesti ben delineati: io stesso incontrerei una certa difficoltà a effettuare un pagamento di 200 euro senza avere la possibilità di confermarlo con le mie credenziali.

Ecco, il tema della sicurezza: ai fini di una buona user experience sono necessari processi di identificazione e autenticazione evidenti, interattivi, per rassicurare l’utente oppure meglio adottare sistemi quasi impercettibili?

La verità sta sempre nel mezzo. Innanzitutto c’è una normativa ad hoc sulla strong authentication e rispetto alla quale non si può prescindere. Ma non ci si può nemmeno trincerare dietro le regole, che oggi più di ieri devono essere declinate con flessibilità e fantasia. Un’interazione consistente con i sistemi di pagamento è auspicabile su importi di una certa rilevanza o nel caso in cui non ci sia un’ampia fiducia nei confronti del merchant. Il compratore, però, non deve per forza passare dalla digitazione di user ID, password e Pin. Può per esempio ricorrere alle rilevazioni biometriche, come il riconoscimento delle impronte digitali o la scansione della retina, che sono strumenti assai più immediati e che non presuppongono alcuno sforzo mnemonico. Si può andare oltre? Certamente, come nel caso dei pendolari cinesi e di Singapore. Ma secondo me è sempre meglio prevedere un sistema che invii comunque almeno una notifica del fatto che al tornello della metropolitana è stato addebitato il costo del biglietto. Questo non preclude un’esperienza seamless e permette al viaggiatore di accedere velocemente alla banchina, senza perdere il treno, pur rassicurandolo ex post sulla correttezza della transazione.

Tra i vari player dell’industry chi avrà il maggior peso nella costruzione di una user experience efficace?

Non vedo in questo momento un attore predominante. Come dicevo, un pagamento oggi non è più decontestualizzato rispetto al processo di acquisto. Per questo si deve necessariamente parlare di collaborazione lungo tutta la filiera. A partire dai payment service provider, come le banche e da chi offre prodotti basati su Digital Wallet, quali ad esempio Apple Pay, ognuno ha il compito di implementare piattaforme semplici e allo stesso tempo integrabili con i sistemi delle terze parti. D’altra parte il versante corporate dovrebbe realizzare e fornire soluzioni, come i wallet o le App, che non solo favoriscano l’integrazione ma che siano pure la premessa per lo sviluppo di nuovi servizi a valore aggiunto. È traendo informazioni dalle preferenze dei consumatori durante il processo di acquisto che la user experience può diventare ancora più appagante.

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