La trasparenza come fattore competitivo nell’offerta di Mobile POS

Pubblicato il 07 Mag 2014

Roberto Garavaglia

Innovative Payments and blockchain Strategic Advisor

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Roberto Garavaglia

Ne avevo trattato in precedenza, all’indomani della pubblicazione in G.U. del decreto MEF 51/2014 (il c.d. decreto “Merchant Fee”) e ritorno ora su un tema particolarmente “caldo”: la trasparenza.

L’occasione mi è utile per analizzare quale impatto potrà avere sul mercato del Mobile POS, l’enfasi correttamente posta sulla trasparenza delle commissioni, nelle previsioni del suddetto decreto ministeriale, cogenti dalla fine del prossimo luglio.
In particolare, voglio soffermarmi su alcuni aspetti realmente rilevanti per i nuovi attori che propongono soluzioni di Mobile POS direttamente all’esercente (modello Square, per intenderci).

Divieto di “blending” e revisione annuale delle fee

Il decreto “Merchant fee” agisce all’indirizzo di una limitazione del c.d. “blending”, ossia l’applicazione di tariffe uniformi (o “a pacchetto”) che non si differenziano per tipologia di carta impiegata, chiedendo con ciò di aumentare la possibilità di confronto delle commissioni pagate dall’esercente e prevedendo, al tempo stesso, tariffazioni allineate alle economie di scala e di scopo.
Nel concreto si ha, dunque, che, gli acquirer e, conseguentemente, chi offre un servizio di Mobile POS, sono tenuti a distinguere le commissioni da applicare per ciascuna tipologia di carte di pagamento (debito, credito, prepagate) anche in relazione ai diversi circuiti di riferimento e ad ulteriori eventuali specifiche caratteristiche funzionali delle carte stesse.

Gli acquirer, inoltre, dovranno differenziare l’importo delle commissioni sottoponendole a revisione almeno annuale, correlata anche al volume e al valore delle operazioni di pagamento effettuate presso l’esercente, nonché alla revisione delle eventuali MIF.

Corretta informativa

In aggiunta al divieto di convenzionamento in “blending”, il decreto MEF dispone che i gestori dei circuiti di carte di pagamento accettate in Italia debbano obbligarsi a render noti, e aggiornati in modo chiaro, completo, trasparente e facilmente accessibile (attraverso il proprio sito web), le MIF applicate alle operazioni di pagamento effettuate in Italia, provvedendo ad informare adeguatamente circa eventuali provvedimenti adottati dalle autorità europee e nazionali preposte alla tutela della concorrenza.

Ciò che mi preme rimarcare in questa sede è che gli obblighi di corretta informativa afferente tali aspetti, che deve essere resa all’esercente dagli acquirer, in fase di convenzionamento e aggiornata con cadenza periodica almeno annuale, coinvolgono direttamente i soggetti che convenzionano (o facilitano il convenzionamento) dell’esercente.

La vera scommessa è la trasparenza

Come sovente sono solito proporre, la mia analisi è volta a rinvenire talune opportunità di business nel rispetto delle norme, laddove la natura prescrittiva delle stesse può essere un ottimo sprone alla differenziazione delle offerte e, quindi, un incentivo alla competitività.

Riuscire ad offrire al futuro merchant, ossia il potenziale cliente che vorrà avvalersi di un servizio di Mobile POS, una più ampia e comprensibile visibilità delle condizioni economiche, sarà – a mio avviso – la vera leva della competizione, il sapiente (ed accorto) uso della quale, premierà il singolo player.

Il grado di ampiezza ed il livello di comprensibilità cui prima facevo riferimento, non devono però essere le sole componenti del mix; accanto ad esse, deve accompagnarsi la flessibilità di uno strumento informativo, che permetta all’esercente di comprendere con semplicità e rapidamente, l’onere economico del servizio.
La proposizione, ad esempio, di un cruscotto interagibile via web, con cui il futuro cliente potrà determinare i costi, basandosi su una stima del fatturato annuale con carte previsto, può essere un ottimo strumento che qualifica l’offerta di Mobile POS.
Ricordo, a tal proposito, come, nel parere del 10 gennaio 2013 espresso dall’AGCM sullo schema di decreto “Merchant fee”, l’Autorità ritenesse che, nell’ottica di garantire all’esercente un’informazione completa e immediatamente fruibile, sarebbe occorsa l’introduzione di un indicatore sintetico di costo (ISC) tale da permettere all’esercente, in modo semplice, la comparabilità degli oneri previsti dal servizio di convenzionamento offerto dai diversi acquirer.

Ma non solo in fase di pre-convenzionamento (ossia prima di concludere l’accordo) è opportuno, a parer mio, investire in corretta ed efficace comunicazione.

Nell’esecuzione del contratto, ossia durante la fruizione del servizio, il merchant deve essere informato con cadenza periodica di eventuali variazioni delle MIF e deve poter ricevere un’informativa altrettanto chiara sulla revisione dei costi, correlata anche al volume e al valore delle operazioni di pagamento effettuate.
Ecco dunque che, un possibile servizio di alert (magari anche via SMS sullo stesso smartphone che funge da POS), potrebbe “elegantemente” (ossia in modo molto “smart” …) informare il merchant su possibili scostamenti (di qualsiasi segno) rispetto alle stime di fatturato originariamente ipotizzate e, perché no, proporre già una nuova stima dei risparmi, laddove ciò occorresse.

Come è facile intuire, lo spazio per essere competitivi in questo settore, non consente solo (ed evidentemente) manovre atte a ridurre le Merchant fee, anzi, è assai probabile che la mera quantificazione di un’offerta (più) scontata, possa non essere la Unique Selling Proposition.
Con questo articolo ho voluto porre in evidenza come, alcuni aspetti prettamente qualitativi della nuova proposizione di Mobile POS, in conformità con le norme vigenti (o, meglio, che vigeranno fra qualche mese), possano individuare nella trasparenza un fattore competitivo rilevante e, con ogni probabilità, ri-pagante.

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