Ecco come funziona Solo.sh, il POS virtuale

Pubblicato il 21 Mag 2015

Alessandro Longo

Edoardo Raimondi, CEO & Co-fondatore di Solo

Mandi un link che porta a una tua pagina personale e da qui ti possono pagare con carta di credito o di debito. Ti arriva subito una mail di avvenuto pagamento, che è un bonifico sul tuo conto corrente associato a quella pagina. Funziona così Solo.sh, servizio di “pos virtuale” della startup italiana Solo.

Ha aperto qualche giorno fa e noi l’abbiamo provato, creando un nostro account (solo.sh/longo). Procedura rapida e semplice: scriviamo i nostri dati anagrafici e poi carichiamo quattro file immagine con un documento d’identità, uno della nostra banca dove appare il nostro Iban, una bolletta dove risulta il nostro indirizzo di residenza e un documento che attesti la partita Iva (noi abbiamo caricato l’immagine della tessera sanitaria e Solo ha controllato, tramite lo strumento dell’Agenza delle Entrate, di validazione telematica delle partite Iva). Il tutto è durato una decina di minuti, anche se poi Solo si prende due-tre giorni per i controlli, per attivare l’account. A quel punto non resta che personalizzare la nostra pagina e cominciare a ricevere soldi: pagando una commissione del 2,5 per cento più 25 cent su ogni transazione ricevuta.

Dietro le quinte di questa semplicità, c’è il lavoro di sviluppo sulla piattaforma, fatto da questa startup coltivata dall’incubatore Digital Magics (che ne possiede il 35 per cento). «Noi abbiamo una piattaforma IT che gestisce il sistema di creazione degli URL, delle pagine pubbliche eccetera. La piattaforma è collegata con un partner bancario (francese) autorizzato a operare in tutta Europa che processa le carte e opera i bonifici che vengono accreditati agli esercenti e ai professionisti registrati», spiega Giovanni Raimondi, uno degli otto fondatori (gli altri sono Orlando TM Merone, Leonardo Grasso, Leonardo Di Donato, Antonino Visalli, Lorenzo Fontana, Francesco Arnone e Roberto Ungaro). «Al momento i registrati sono 400. Soprattutto fotografi, agenzie di viaggio, artigiani di gioielli. Ma anche commercialisti e avvocati, figure che sono più sensibili alle nuove norme che obbligano a ricevere pagamenti con carta di debito oltre i 30 euro», aggiunge.

Va detto che Solo.sh non supporta tutte le carte di debito, ma solo quelle dotate di numero a 16/19 cifre (gli istituti di credito stanno cambiando le proprie carte in questo senso, per renderle utilizzabili su internet). Solo.sh occupa una terra di mezzo che in Italia ora non ha un vero concorrente. «Rispetto a Paypal ha costi minori; la pagina di pagamento è facilmente condivisibile, inoltre, ed è possibile stamparla sulla fattura».

«Ci sono altri vantaggi rispetto a un bonifico tradizionale: la conferma di avvenuto pagamento è immediata, anche se poi il bonifico viene comunque processato in due-tre giorni», dice Raimondi. Per questo motivo Solo.sh si propone come pos virtuale, per esercenti ma anche per professionisti «che non vogliono restare in balia di chi li deve pagare. Molti lavorano con un 30 per cento di anticipo. Con Solo.sh hanno subito conferma del pagamento e possono cominciare a lavorare». Con il bonifico tradizionale, infatti, si è soliti mandare via mail la prova del pagamento: è più laborioso.

C’è poi il confronto con i mobile pos (di Jusp, Payleven, Setefi e varie banche), che pure consentono a esercenti e professionisti di ricevere pagamenti via carta, a costi ridotti rispetto a un pos tradizionale. Anzi, alcuni sono più economici anche di Solo.sh: con Jusp si paga l’1,5 per cento sui bancomat e il 2,5 per cento su altre carte, senza costo fisso di transazione (più però 49 euro per il prodotto). «Sì, ma c’è il costo e la scomodità iniziale di procurarsi il prodotto. I mobile pos inoltre non consentono il pagamento a distanza». «Stiamo cercando anche noi, comunque, di abbassare la commissione sulle carte di debito, ma abbiamo ancora bisogno di raggiungere grandi volumi di transazione».

Solo.sh ha una clausola poco chiara: obbliga gli utenti a un uso esclusivo. «Significa che non possono utilizzare sistemi di pagamenti analoghi, basati su link, che però in Italia non ci sono. In Europa c’è Payplug; negli Usa, Cash.me. Tuttavia stiamo discutendo con i consulenti legali, su questa clausola, che ha poco senso su internet. Suggeriscono di tenerla in fase di test finché non è chiara l’evoluzione del mercato», dice Raimondi. La fase dovrebbe finire a tutti gli effetti questo autunno, quando potrebbero arrivare anche evoluzioni della piattaforma. «Potremmo integrare la Api di partner per consentire altri strumenti di pagamento», dice Raimondi.

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