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Sostenibilità del commercio e modelli di e-commerce territoriale

Ripensare il commercio territoriale significa costruire un’infrastruttura di movimentazione e consegna delle merci, un sistema distributivo più efficiente del sistema tradizionale, che permetta di utilizzare scorte distribuite sul territorio e sia in grado di ottimizzare le attività di spedizione e di ritiro. Un altro fattore determinante è la gestione dei tempi.

Pubblicato il 09 Dic 2021

Fabio Rossi

Fondatore Vendi24, Consulente della Federazione Trentino della Cooperazione.

Alessandro Zorer

Innovation Manager a Delta Informatica Spa

Cofidis

Parlare di sostenibilità del commercio in questi anni significa toccare un argomento complesso e in piena evoluzione. Se si osserva in prospettiva, il fenomeno a cui si sta assistendo è un processo di evoluzione sociale ed economica che inizia negli anni del boom economico, con la lenta ma inesorabile trasformazione che ha portato alla progressiva “estinzione” dei piccoli negozi di prossimità (lattai, fornai, salumieri, droghieri, macellai, mercerie, cartolerie, ecc.) a scapito dei supermercati e dei centri commerciali. I supermercati e le grandi catene di vendita dei prodotti si sono diffusi rapidamente dagli anni ‘70 fino alla fine degli anni 2.000 diventando il canale di sbocco preferenziale dei grandi brand e delle multinazionali.

Il vuoto lasciato dai piccoli negozi rionali è stato nel tempo riempito dalla richiesta di prodotti “a km 0”[1] e delle piccole produzioni artigianali, capaci di coniugare qualità e convenienza.

Questo processo di cambiamento ha subito un nuovo cambio di passo con l’avvento dell’ecommerce e con quello dei social. Con i social e la possibilità di scegliere e comprare online, è venuta meno la necessità di avere canali fisici di accesso al mercato da parte delle aziende produttrici. Sia il grande brand multinazionale, sia il piccolo produttore locale, hanno la possibilità di raggiungere una platea vasta di clienti in modo diretto e immediato e anche senza particolari limitazioni geografiche.

È notizia di questi giorni[2] che si sta cominciando a registrare un trend di chiusura degli ipermercati: negli ultimi sette anni sono stati chiusi il 10% degli ipermercati aperti negli anni ’90 e oltre 7.000 supermercati, un trend superiore in proporzione alla chiusura dei negozi di prodotti agroalimentari. È venuta meno la funzione di “vetrina” del supermercato mentre diventa strategica la funzione logistica della distribuzione dei prodotti sul territorio.

L’avvento del COVID ha ulteriormente enfatizzato il ruolo strategico della distribuzione e, come se non bastasse, all’orizzonte si sta già delineando la sfida della sostenibilità ambientale che introduce nuove variabili nel mercato e può modificare ulteriormente gli assetti portando ai margini chi non fosse in grado di adeguarsi.

Lo sviluppo del commercio nei prossimi dieci anni

Non c’è dubbio che sia difficile prevedere come si svilupperà il commercio nei prossimi dieci anni, però ci sono alcuni trend significativi osservabili che influenzeranno fortemente questa evoluzione:

1. Diffusione dei “piccoli brand” – Il mercato sta evolvendo verso un modello P2C (dal produttore al consumatore) dove è il produttore a relazionarsi direttamente con i clienti finali. Ogni produttore è virtualmente un brand; non ci sono ostacoli o grandi barriere d’ingresso.

2. Negozianti “influencer“- Il ruolo del piccolo rivenditore sarà sempre di più quello di creare una relazione con la propria clientela, una vera e propria community da coinvolgere e coltivare con informazioni e valore aggiunto.

3. La sfida della sostenibilità – La pressione per raggiungere la sostenibilità ambientale sancita dal recente accordo sul clima spingerà le aziende a trovare soluzioni ecologiche e sostenibili per non incorrere in sanzioni o vincoli sempre più stringenti, che andranno certificate e dimostrate in modo trasparente al consumatore finale. Il fronte della sostenibilità del commercio non riguarda soltanto l’aspetto ambientale, sono infatti sempre più forti le spinte verso una gestione etica e inclusiva del lavoro.

4. L’acquisto “fisico” dei prodotti deve divenire un momento ludico – I ritmi sempre più intensi della vita hanno allontanato le persone dal modello di acquisto tradizionale. I tempi di trasferimento, di parcheggio e il tempo “sprecato” in un ipermercato viene visto come un vero e proprio fastidio; meglio poter acquistare con un clic. L’acquisto tradizionale, con la presenza presso il punto vendita, è ancora interessante solo se viene vissuto come un momento associato al piacere ed al divertimento.

Per intercettare e gestire al meglio questi sviluppi del mercato e non esserne spettatori passivi o, peggio, per non venirne travolti, occorre capacità di guardare all’innovazione e di saperla tradurre in reali ricadute sul proprio business e al contempo anche portare massa critica, andando ad aggregare componenti di filiere dalla produzione al commercio e dei servizi ad essi collegati. Per fare questo in un contesto come quello italiano che è molto parcellizzato ed è caratterizzato da piccole o micro-realtà, una possibilità è quella di partire dai territori per aggregare e coordinare gli sforzi.

E-commerce di territorio

I modelli più diffusi per la gestione delle vendite online sono di due tipi:

1. Gestione autonoma e individuale delle vendite

2. Gestione centralizzata di grandi marketplace

Nella gestione autonoma e individuale delle vendite, ciascun e-commerce si va a costruire una propria rete autonoma di gestione del servizio e di distribuzione degli ordini ai clienti finali. Ogni venditore ha il proprio magazzino che viene movimentato con soluzioni e azioni indipendenti. Ogni ordine viene gestito in modo autonomo con un grosso livello di inefficienza.

Dall’altro lato la gestione centralizzata attuata dai grandi marketplace è in grado di ottimizzare in modo molto efficiente la logistica distributiva ma obbliga tutti i venditori a conferire e immobilizzare le proprie scorte di magazzino presso questi soggetti.

Entrambi questi modelli non si adattano per l’ecommerce di territorio, soprattutto in funzione della sostenibilità di sistemi di questo tipo nel tempo. Il primo modello infatti è più efficiente per il venditore ma più costoso (e non sostenibile) per il cliente finale. Il secondo modello invece è più conveniente per il cliente finale ma meno efficiente (e più costoso) per il venditore.

Se si vuole ripensare il commercio territoriale bisogna necessariamente costruire un’infrastruttura di movimentazione e consegna delle merci, un sistema distributivo più efficiente del sistema tradizionale, che permetta di utilizzare scorte distribuite sul territorio e sia in grado di ottimizzare le attività di spedizione e di ritiro.

Un altro fattore determinante per la costruzione di un e-commerce di territorio è la gestione dei tempi. Non tutti gli ordini sono uguali, alcuni richiedono una consegna immediata (ad esempio nel settore della ristorazione a domicilio), altri prodotti richiedono comunque una consegna veloce e sicura per poter essere una valida alternativa all’acquisto diretto in negozio, altri ancora possono essere posticipati per ottenere una maggiore efficienza e anche un minore impatto ambientale. Il sistema territoriale deve essere in grado di processare diversi tipi di ordine con diverse modalità per raggiungere un livello complessivo di efficienza, economicità e qualità del servizio.

Territorialità e sostenibilità del commercio

Il prerequisito per la costruzione di un sistema distributivo territoriale è la creazione di una piattaforma aperta al coinvolgimento di più attori del territorio che hanno la possibilità di interagire e compensare le proprie competenze.

Se il sistema fosse nelle mani di un unico interlocutore di grandi dimensioni si produrrebbe un inevitabile impoverimento del mercato con la riduzione delle opzioni e della diversità di servizio e la progressiva deriva verso una situazione di monopolio de facto. Per questo motivo la costruzione di una rete territoriale di distribuzione e vendita online costituisce anche una grande opportunità per creare un sistema di vendita più inclusivo ed etico.

Una struttura distribuita e diversificata è in grado di avere maggiore capillarità anche nelle zone più disagiate e difficilmente raggiungibili. Una rete distribuita è anche il presupposto per impostare una evoluzione dei servizi basata su criteri di sostenibilità ambientale e premiare la scelta di soluzioni a minore emissione di Co2 oppure soluzioni che coinvolgano ad esempio aziende del terzo settore. Un’offerta più vasta e diversificata offre maggiori opportunità di scelta anche ai consumatori finali che possono decidere se premiare la convenienza economica o i valori di etica e sostenibilità ambientale.

Per finire, una rete di distribuzione territoriale può integrare più canali distributivi e integrare servizi alle categorie più fragili per la consegna della spesa, la consegna di farmaci e altri servizi alla persona.

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Gli ambiti maggiormente innovativi del commercio

L’evoluzione del commercio attraverso i canali digitali in questa fase storica passa inevitabilmente attraverso forti spinte innovative, che possono riguardare aspetti sociali, culturali, organizzativi, di business e tecnologici, e quasi sempre una combinazione di diversi di questi fattori. Alcuni ambiti innovativi possono facilitare un modello di ecosistema territoriale e di rete tra soggetti di dimensione medio-piccola e renderlo competitivo e profittevole rispetto a modelli autonomi che possono portare avanti singoli soggetti della filiera, oppure di gestione centralizzata. Vediamo come tre ambiti di innovazione possono effettivamente influenzare un modello territoriale di e-commerce e portare benefici su ampia scala.

Logistica

La pandemia di COVID-19 ha al contempo consolidato l’andamento esponenziale del commercio online e delle consegne a domicilio e messo la filiera logistica davanti alla necessità di attuare il distanziamento sociale, limitando sostanzialmente le interazioni dirette fra gli operatori del settore e con il consumatore. Il settore dei servizi a domicilio (home delivery) così come della consegna istantanea (instant delivery) è quello che sta crescendo di più in questo momento con un eccesso di domanda, che l’offerta attuale fatica a gestire anche a causa della mancanza di forza lavoro.

Nei servizi a domicilio oltre ad essere aumentate le consegne il consumatore è stato abituato a tempistiche sempre più strette (Amazon docet) ed è stata alleggerita la procedura di recapito dei prodotti, non essendo più obbligatoria la firma del documento di consegna. A questa tipologia di servizio, già da tempo consolidata, si è aggiunta un’ulteriore possibilità di servizio, soprattutto per il settore della ristorazione e dei prodotti alimentari freschi da negozi di vicinato, ovvero l’acquisto di beni, generalmente pietanze o generi di prima necessità, in poche ore (a volte minuti).

Il sistema dell’ultimo miglio si sta quindi differenziando ancora di più in ragione dei servizi offerti come ad esempio l’instant delivery prevalentemente per le consegne agroalimentari di prossimità che è a totale appannaggio dei rider (consolidando una nuova figura lavorativa nella logistica) o l’home delivery relativo alle piattaforme e-commerce “tradizionali” di competenza dei corrieri. Per tale ragione è necessario prevedere dei modelli di governance che siano in grado di gestire le diverse dinamiche dei due servizi emergenti in modo sostenibile per la collettività.

Una piattaforma unica (stile Amazon) porta inevitabilmente ad una centralizzazione dei servizi, creando meccanismi di monopolio contrattuale che vanno inevitabilmente a soffocare tutti gli attori della filiera logistica ed a penalizzare l’efficienza distributiva.

Innovare nella logistica in questa fase storica significa affrontare queste problematiche attraverso la sperimentazione di modelli innovativi e con lo sviluppo di algoritmi in grado di orchestrare tutta la movimentazione logistica dai magazzini dei produttori fino alla consegna dell’ultimo miglio, integrando direttamente la parte di vendita con la gestione intelligente della logistica e delle consegne.

Volendo differenziarsi ed essere inclusivi con i soggetti territoriali, gli algoritmi devono però essere in grado di apprendere ed elaborare i flussi di consegna e di ottimizzarli non solo per fini di impatto economico ma anche rispetto a criteri di impatto ambientale e sociale. Inoltre, per porsi su un piano diverso dai grandi player di mercato, un modello territoriale e aperto parte anche dalla definizione di API standard per poter integrare e valorizzare più attori della filiera, produttori, centri logistici, corrieri e organizzazioni dedicate alla consegna dell’ultimo miglio.

In tal senso vanno utilizzati al meglio tutti i dati raccolti e, attraverso modelli e algoritmi di intelligenza artificiale, va valutato il modo migliore per recepire le risorse presenti, codificare i parametri logici di funzionamento, identificare le sottoreti e orchestrare tutta la logistica di consegna ottimizzando i flussi nel rispetto dei criteri desiderati (economicità, impatto ambientale, impatto sociale, ecc.). Una filiera di distribuzione modulare deve prevedere inoltre la presenza di punti di consegna che potranno essere presidiati (ad esempio, un punto di consegna presso un hotel o negozio) oppure non presidiati fisicamente (come i locker).

La sostenibilità degli aspetti logistici dal punto di vista ambientale va resa possibile grazie allo sviluppo di algoritmi intelligenti in grado di ottimizzare la distribuzione dei prodotti, riducendo il numero di veicoli impiegati, il numero di viaggi e di chilometri percorsi, limitando così il consumo di energia dei mezzi, e quindi il collegato consumo di risorse naturali. Per valutare tutto ciò, vanno sviluppate adeguate metriche in grado di quantificare in maniera autonoma le emissioni atmosferiche determinate dalla modalità di consegna selezionata dall’utente finale, al fine di indirizzarlo verso soluzioni più sostenibili (più flessibilità nell’orario e giorno di consegna, beneficiare del trasporto condiviso, ecc.).

Dal punto di vista sociale, le performance economiche superiori consentite da questi algoritmi vanno condivise con tutti gli attori della filiera logistica, in particolar modo con quelli più deboli e meno tutelati, come gli addetti al trasporto e alle consegne della merce, allocando loro dei carichi di lavoro e di trasporto sostenibili, dando la giusta remunerazione (anche quando si riscontrano tempi di consegna più lunghi causati da incidenti o traffico) frutto non solo dell’efficientamento logistico ma soprattutto di un modello di business che adotti anche delle basi etiche e solidali.

Loyalty e monetica comunitaria

Vi sono diversi ambiti di forte innovazione tra gli aspetti finanziari, tra cui:

  • tecniche di inventory monetization, che mirano alla valorizzazione delle rimanenze di magazzino attraverso l’ottimizzazione del capitale circolante e il miglioramento dell’efficienza della catena di approvvigionamento grazie anche all’utilizzo dei componenti di smart contract e blockchain;
  • strumenti di mobile wallet proprietari e white label, attivabili dai venditori aderenti al circuito delle soluzioni di ecommerce territoriale, e gateway di pagamento con la gestione del mobile POS in modalità di acquiring diretto o il routing verso l‘acquirer di riferimento del singolo venditore (piattaforma multi-banca), e con l’associazione semplice e veloce di una o più carte di credito al proprio cellulare come mezzo di pagamento sulla piattaforma;
  • sistemi di premialità che possano venire realizzati attraverso una valuta interna al network, spendibile in una sezione dedicata della piattaforma, anche in questo caso prevedendo anche l’integrazione con quanto già esistente.

La moneta comunitaria in particolare è uno strumento che può rivelarsi molto utile per saldare le relazioni economiche tra i diversi stakeholders territoriali, mettendo in campo una valuta che risulti spendibile nell’ecosistema delle soluzioni di commercio implementate attraverso il sistema territoriale, ossia nel b2b tra le imprese, nel b2c tra l’impresa e consumatori, e nel b2e tra l’impresa e i collaboratori, soci, dipendenti. I modelli per implementare un sistema di moneta complementare di questo tipo sono molteplici e va quindi valutata l’opportunità di adottare un sistema chiuso oppure uno aperto, se renderle la moneta redimibile e se implementare modelli di mutual credit tra le imprese. Inoltre, tale moneta può essere uno strumento fondamentale per incentivare comportamenti virtuosi negli acquisti e può essere collegata a meccanismi di demurrage per incrementare la velocità di circolazione (disincentivando il mantenimento nel tempo della valuta da parte di un possessore). Per fare ciò è fondamentale arrivare ad avere un paniere di beni e servizi sufficientemente ampio per garantire una buona spendibilità della moneta comunitaria nell’ambito dell’ecosistema di business locale.

Gestione e valorizzazione dei dati e utilizzo di tecniche di intelligenza artificiale

Una piattaforma di e-commerce che fornisce tecnologie e servizi ad una moltitudine di negozi virtuali ha il vantaggio di avere a disposizione un’ampia mole di dati, che può ‘restituire’ ai propri clienti in forma di servizi di analisi e di raccomandazione. Ovviamente ciò deve essere fatto attraverso meccanismi di anonimizzazione e utilizzando i dati in conformità al trattamento consentito, come richiesto dal GDPR, ma certamente tutti i dati raccolti, in fase di proposizione di offerte, visite degli utenti, carrelli, vendite, consegne rappresentano una base molto importante per consentire di ottimizzare i servizi della piattaforma stessa e dei suoi fornitori (ad esempio nella logistica) e anche quelli dei merchant che si appoggiano su di essa per realizzare i propri store.

I dati raccolti possono dare benefici in diversi ambiti, tra i quali:

  • Analisi previsionali della domanda di prodotti, per ottimizzare la produzione (se possibile) e/o le scorte di magazzino evitando che vadano out of stock o di avere troppe scorte immobilizzate. In questo senso certamente le tecniche di apprendimento automatico possono dare un ottimo sostegno.
  • Servizi di raccomandazione dei prodotti verso i consumatori, proposizione di offerte, meccanismi di up-selling e di cross-selling all’interno di un singolo store o anche tra diversi store nel caso questi lo consentano. A tal fine si possono adottare le constructive recommendation, ossia suggerimenti che propongono più componenti, prodotti e servizi combinati insieme per produrre un “pacchetto” di potenziale interesse per l’utente, implementate grazie a sistemi basati su metodologie di intelligenza artificiale che combinano aspetti di apprendimento statistico (e.g., reti neurali), semantici e di ragionamento automatico.
  • Segmentazione dei consumatori per affinare strategie di targeting e personalizzazione, andando ad individuare schemi di comportamento ricorrenti in modo da prevedere ad esempio il tasso di abbandono e stimare il Customer Lifetime Value per ogni cliente. In tal modo i responsabili degli store potranno mettere in atto azioni utili ad incrementare il valore del carrello medio dei clienti e la fidelizzazione, oppure recuperare i rapporti con quelli più critici.
  • Definizione del prezzo migliore per i prodotti (dynamic pricing), da applicare in base a stagionalità, prezzo dei competitor, storico del venduto, costi, comportamento degli utenti.
  • Tramite l’analisi del linguaggio naturale si possono comprendere le ricerche eseguite dagli utenti, andando ad estrapolare gli elementi che possono influire sulle ricerche frequenti ed effettuando l’analisi dei comportamenti per offrire agli utenti di ritorno servizi compatibili con le abitudini di navigazione manifestate in precedenza.

Per poter sfruttare al meglio i dati ed effettuare le analisi e raccomandazioni negli ambiti sopra indicati e in altri ancora, occorre predisporre una base di conoscenza legata ai vari settori merceologici che vengono distribuiti, alle categorie di utenza e alle problematiche legate alla logistica e al trasporto. Questa rappresentazione concettuale, uniforme e computabile del dominio, è indispensabile per la parte di intelligenza artificiale, inferenza, machine learning, ma costituisce anche la garanzia di interoperabilità tra i diversi store che vengono realizzati. Ogni concetto, ogni dato e ogni flusso da e per tali store deve essere mappato su questa ontologia, in modo da fornire un vocabolario unificato e una visione integrata dei dati. La base di conoscenza sarà così in grado di rappresentare qualsiasi informazione gestita dalla piattaforma e fornirà il knowledge graph necessario ai sistemi di profilazione, raccomandazione e inferenza costruiti su di essa.

Un esempio di modello territoriale per lo sviluppo dell’ecommerce: Indaco

INDACO (INnovazione DigitAle per il COmmercio elettronico trentino) è un progetto di ricerca e sviluppo sostenuto da un pool di sette aziende trentine e dalla Federazione Trentina della Cooperazione, con la collaborazione scientifica dell’Università degli Studi di Trento e della Fondazione Bruno Kessler, con competenze che spaziano dall’ICT al marketing, dalla cooperazione alla progettazione, dalla comunicazione alla ricerca. Il progetto, partito nel giugno scorso, è risultato primo in graduatoria nel Bando per “la realizzazione di una piattaforma tecnologica finalizzata allo sviluppo del commercio elettronico in Trentino” pubblicato lo scorso anno dalla Provincia Autonoma di Trento e rivolto al rilancio di aziende e negozi locali in chiave inclusiva e sostenibile grazie alle nuove tecnologie.

L’iniziativa prende le basi dalla considerazione che, al momento, le soluzioni offerte sul mercato si concentrano solo sulla vendita, come dimostrato dalle numerose piattaforme di commercio elettronico che lasciano ai singoli venditori l’onere di gestire la logistica e le consegne, oppure si concentrano solo sulla consegna, come i numerosi servizi e App messi in campo da organizzazioni di runner specializzate nella consegna dell’ultimo miglio. Le soluzioni nelle quali vendita e logistica sono integrati insieme in un’unica piattaforma, come accade ad esempio con Amazon e con le grandi catene di vendita multinazionali, sono tipicamente proposizioni di accentramento delle funzioni e dei servizi, che portano inevitabilmente alla messa fuori mercato delle piccole realtà e degli ecosistemi di business territoriali preesistenti.

Il sistema di commercio elettronico ideato nel progetto Indaco per il Trentino è invece una piattaforma aperta che permetta ad ogni soggetto interessato di mettere in vendita i propri prodotti e servizi, ma che prevede anche la messa a sistema delle infrastrutture di vendita e di consegna distribuite in modo aperto e solidale, in grado di garantire la praticità e semplicità del commercio elettronico unite al rispetto del tessuto commerciale ed alla valorizzazione delle infrastrutture di logistica e di trasporto esistenti. Le tecnologie adottate sono finalizzate a potenziare l’infrastruttura abilitante al servizio degli utenti (business e consumer), permettendo non solo una differenziazione dell’offerta rispetto ad altre iniziative analoghe già operanti sul mercato, ma offrendo servizi chiave capaci di agevolare le dinamiche collaborative all’interno delle filiere, incrementare la frequenza e il volume degli scambi, offrire nuovi strumenti di accesso alla liquidità per gli operatori a monte delle filiere, estendere l’esperienza di acquisto oltre la semplice modalità d’acquisto online sulla piattaforma, per prolungarla nel tempo e nello spazio attraverso innovativi servizi di ritiro e di consegna, cui si aggiunge un meccanismo di loyalty legato al welfare territoriale e ad coinvolgimento delle comunità locali.

Il modello proposto a produttori e commercianti non è quello di inserirsi in una vetrina unica, dove emergono solo le imprese di grandi dimensioni e la concorrenza si fa sul prezzo, ma di dare alle piccole imprese la possibilità di vendere direttamente i prodotti su un loro negozio virtuale, in modo semplice e rimuovendo le barriere di entrata, eventualmente aggregandosi per filiera o per settore se lo ritengono utile ed efficace. Non viene in tal modo imposto un modello centralizzato, ma fornita un’opportunità sulla base di quelle che sono le reti e aggregazioni che esistono sul territorio, oppure per le singole aziende.

L’obiettivo è di ottimizzare la logistica della movimentazione dei prodotti, per esempio attraverso l’utilizzo di local hub e centri stoccaggio smart, minimizzare l’impatto ambientale ottimizzando il carico merci, riducendo i veicoli in transito e ridurre i costi evitando la disintermediazione. Affinché questo avvenga, la piattaforma in realizzazione è all’avanguardia, basandosi sulle tecnologie più innovative come intelligenza artificiale, big data, sistemi di fidelizzazione e di pagamento avanzati basati anche su moneta complementare.

In tema di valori, Indaco intende adottare un modello di servizio che rispetti l’etica di un commercio e di uno sviluppo sostenibile, al cui centro vi saranno le aziende e i negozi per i quali opererà. Attento ai principi di equità sociale e inclusività, con particolare attenzione anche alle condizioni di lavoro.

Si tratta di un progetto ambizioso ispirato a un modello innovativo, con un approccio integrato di trasformazione digitale, sviluppo economico sociale e attenzione alla sostenibilità – anche ambientale – per il rilancio della vendita di beni e servizi nel periodo post-Covid.

Gli autori sono coordinatori del progetto INDACO

Note

  1. Il primo riconoscimento ufficiale dei prodotti a Km 0 è avvenuto in Veneto con legge Regionale, nel 2008
  2. Report Federdistribuzione: “Scenario economico e dinamica dei consumi”

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