È iniziata l’era digitale delle banche

Nello scorso mese di aprile, la People’s Bank of China (PboC) ha introdotto il cosiddetto “Digital Yuan”. Si sa ancora poco delle sue caratteristiche, se non che condividerà alcune funzionalità con le valute crittografiche ma che tra queste funzionalità non compare lo stesso grado di anonimato garantito all’utilizzatore dalle criptovalute

Pubblicato il 16 Giu 2020

criptovalute

Ci ricorderemo della data del 20 aprile 2020, giorno in cui la People’s Bank of China (PBoC), cioè la Banca centrale cinese, ha introdotto la sua valuta digitale dopo averne sviluppato le funzioni di base per più di un lustro, con l’appoggio dei maggiori istituti bancari nazionali. Per ora non circolerà in tutta la Repubblica popolare, bensì è in corso di sperimentazione nelle quattro grandi aree metropolitane di Shenzhen, Suzhou, Chengdu e Xiong’an, una città satellite a sud di Pechino.

A questa valuta sovrana, tecnicamente individuata come “DC/EP” (Digital Currency/Electronic Payment), attualmente ci si riferisce con il nome corrente ma non ufficiale di “Digital Yuan”. Ancora poco si sa delle sue caratteristiche, se non che da un lato condividerà alcune funzionalità con le valute crittografiche ma che, dall’altro, tra queste funzionalità non compare affatto lo stesso grado di anonimato garantito all’utilizzatore dalle criptovalute.

Pare che tra gennaio e marzo Alibaba Group, tramite un’affiliata che gestisce la piattaforma di pagamento online AliPay, abbia registrato alcuni brevetti legati all’emissione di questa valuta e relativi ai token, al digital wallet e alle transazioni. Non dimentichiamoci, d’altro canto, che in Cina già si ricorre ampiamente a diversi sistemi di pagamento digitale, tra i quali in posizione dominante troviamo WeChat Pay oltre allo stesso AliPay, perciò è probabile che presto vedremo introdotta una sincronia tra le nuove applicazioni e quelle già in uso.

I motivi alla base dell’introduzione del Digital Yuan

Ma perché introdurre il Digital Yuan in questo momento? Sulla base delle dichiarazioni la risposta è per far fronte alle attuali emergenze economico-finanziarie, come la riduzione a livello globale dei tassi di interesse fino allo zero, o persino in territorio negativo, e per il rilascio di liquidità sui mercati: “Se c’è una possibilità che la Cina stia considerando di abbassare il proprio tasso di interesse in territorio negativo come opzione finale e di indirizzare tale politica verso mutui e prestiti commerciali, una valuta digitale diffusa anziché M0 sarà in grado di raggiungere questo obiettivo”.[1] Sono parole di Cao Yan, vicedirettore dell’Istituto di Ricerca avanzata della Blockchain dell’Università Tsinghua, il quale ha aggiunto anche che il lancio è stato anticipato a causa dell’insorgere dell’attuale emergenza pandemica.

Alla domanda su quali vantaggi porterà la gestione statale di un sistema di pagamento digitale, la Banca centrale cinese ha risposto che un simile passaggio aiuterà a contrastare il riciclaggio di denaro, il gioco d’azzardo e il finanziamento del terrorismo, oltre a migliorare l’efficienza delle operazioni finanziarie. In realtà l’aspetto normativo richiederà tempo, in particolare proprio per ciò che concerne l’azione dei regolatori bancari in merito alla vigilanza e all’antiriciclaggio.

A distanza di qualche giorno dalla comparsa ufficiale del Digital Yuan, nel blog della BCE[2] troviamo un post in cui si fa chiara menzione sul fatto che anche nel Vecchio Continente è allo studio una valuta elettronica nella prospettiva di un rilancio dell’economia europea nel post emergenza Covid-19. La crisi messa in atto dalla pandemia, dunque, sta rimescolando le carte in tavola e riaccende l’interesse verso i più avanzati strumenti tecnologici, come blockchain e AI. Dichiara nel blog Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della BCE: “Oggi più che mai i consumatori europei desiderano soluzioni di pagamento elettronico sicure, economiche e di facile utilizzo per far fronte al lockdown e trasferire denaro elettronicamente a imprese o famiglie in tutta Europa. Allo stesso modo, sono necessari sistemi di pagamento efficienti per mobilitare rapidamente le risorse messe a disposizione per sostenere le piccole imprese, i lavoratori autonomi e le istituzioni sociali”.[3] È lo stesso Panetta, però, che aggiunge che le opportunità e le sfide delle valute digitali non devono scoraggiare né azzerare le iniziative del mercato volte a introdurre mezzi di pagamento elettronici privati, e con questa chiosa, tra l’altro, viene nettamente rimarcata la differenza tra una valuta digitale sovrana e le criptovalute come il Bitcoin.

Nella ricerca e nello sviluppo di una moneta digitale per l’Unione Europea si è già proposta come tester dell’iniziativa la De Nederlandsche Bank (DNB), la Banca centrale olandese, che sostiene di essere “pronta a svolgere un ruolo di primo piano”. Operando in una nazione in cui l’uso del denaro cartaceo è in declino, la DNB si chiede di conseguenza perché le banche centrali non dovrebbero “offrire un nuovo tipo di moneta, che meglio si adatta alle esigenze dei cittadini e delle aziende”.[4] Dal punto di vista dei sostenitori dell’iniziativa, in questo momento storico in particolare vi sarebbero diversi validi motivi a sostegno di una valuta digitale comune, in primis perché renderebbe i pagamenti internazionali più veloci ed economici per tutti gli Stati partecipanti all’iniziativa e poi perché sarebbe utile a controbilanciare il progetto Libra,[5] il cui outcome sarà di grande impatto per il sistema finanziario europeo.

L’interrogativo sui protocolli di controllo e di privacy

Ma, come sul caso cinese, anche su un’eventuale valuta digitale europea grava un enorme punto interrogativo, legato ai protocolli di controllo e di privacy. Le spinte e le normative per ridurre l’uso del contante e agevolare la tracciabilità del denaro sono note a tutti, ma è necessario ricordare che, se manca una protezione tecnologicamente avanzata, c’è il rischio di abdicazione alle banche, che potrebbero addirittura ritrovarsi nelle condizioni di gestire i nostri conti. Se siamo davvero pronti per una circolazione globale di moneta digitale se lo chiede perfino Dirk Bullman, esperto di tecnologie innovative della BCE che, pur rassicurando sui grandi passi in avanti fatti sul fronte della DLT (Distributed Ledger Technology), ne ammette ancora una certa insidiosa acerbità.[6]

Per ora sembra che ai tre quesiti fondamentali “perché, che cosa e come” relativi alla creazione di un Euro digitale le risposte non siano per nulla esaurienti e definitive. Personalmente, tuttavia, di una cosa resto fermamente convinto, e cioè che la gestione di tecnologie come blockchain debba essere pubblica e non privata o, quantomeno, legata a un consorzio di garanzia. D’altro lato è necessaria la garanzia che una valuta digitale sovrana serva ad agevolare la libertà del cittadino tutelando contestualmente lo Stato, e non a promuovere un controllo di quest’ultimo a 360°.

  1. Commento rilasciato al Global Times. Cfr. https://www.globaltimes.cn/content/1183579.shtml
  2. https://www.ecb.europa.eu/press/blog/date/2020/html/ecb.blog200428~328d7ca065.en.html
  3. https://www.corrierecomunicazioni.it/finance/e-payment/la-bce-valutiamo-lemissione-delleuro-digitale/
  4. https://www.arenadigitale.it/2020/04/22/la-banca-centrale-olandese-vuole-fare-da-tester-per-leuro-digitale/
  5. https://medium.com/@giovanniperani/quali-prospettive-per-libra-la-stablecoin-di-facebook-che-punta-sullinclusione-finanziaria-b83540edf405
  6. https://www.ledgerinsights.com/digital-euro-central-bank-digital-currency-cbdc/

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