Western Union: “Il digitale? Ci permette di puntare a nuovi clienti e mercati”

Pubblicato il 30 Mag 2016

di Domenico Aliperto

Gabriel Sorbo, Vice President Southern European Union di Western Union

Tecnologia, aspettative dei consumatori e nuove modalità di contatto e condivisione stanno radicalmente cambiando il mondo dei pagamenti e dei trasferimenti di denaro. Le parole d’ordine? Disintermediazione e ibridazione delle piattaforme, con player provenienti dal settore del Fintech e dei social network pronti a rivoluzionare l’esperienza d’uso finora proposta da istituti finanziari e specialisti del money transfer. Ai quali però rimane ancora una carta importantissima da calare: il trust, ovvero la fiducia che anni di servizio sono riusciti a generare nel mercato e nei consumatori. La tattica di gioco? Essenzialmente quella della multicanalità, da affrontare bilanciando gli asset sul piano del retail (che comunque è destinato a evolvere verso ulteriori nuovi modelli di business), del Web e degli strumenti digitali collegati a mobile app e community on line.

Western Union è nel pieno di questa transizione. Se la roadmap è per l’appunto saldamente imperniata sulla credibilità che il marchio è riuscito a conquistarsi in oltre 160 anni di storia, la destinazione finale e i compagni di viaggio all’interno dell’ecosistema che il gruppo sta creando sono ancora in via di definizione. E altrimenti non potrebbe essere, considerato il fatto che la società è attiva in circa 200 Paesi (ciascuno contraddistinto da un contesto normativo peculiare) con 500 mila agenzie sul territorio e 130 valute disponibili. E che Western Union stia ruotando lo sguardo a 360 gradi è dimostrato anche dal sostegno finanziario accordato a Digital Currency Group (DCG), che collabora con gli istituti di pagamento per sviluppare protocolli di utilizzo della tecnologia blockchain anche per le transazioni ordinarie. A spiegare a Pagamentidigitali.it come si stanno trasformando le attività nell’ottica di seguire l’evoluzione tecnologica e culturale dei clienti c’è Gabriel Sorbo, Vice President Southern European Union di Western Union

Quanto pesano attualmente le attività generate dal digitale?

Il cash costituisce ancora l’85% delle rimesse, quindi il digitale raggiunge una quota del 15%, con un valore pari al 7% del fatturato. Una fetta della torta ancora minoritaria, ma con tassi di crescita estremamente interessanti. Il business del sito Wu.com, attraverso il quale i clienti possono inviare denaro on line in 35 Paesi, è cresciuto del 26% nell’ultimo anno. All’inizio di maggio siamo stati il promo operatore di money transfer a lanciare in Italia una app per dispositivi mobile (disponibile per iOS e Android, ndr). Il lancio nel nostro Paese segue quelli di USA, UK, Germania e Francia, dove è già stata scaricata tre milioni di volte, ottenendo un rating piuttosto alto da parte degli utenti.

A cosa puntate ora che disponete di questo strumento?

Il nostro obiettivo è mantenere la leadership nel money transfer tradizionale ed estenderla in quello digitale, sfruttando la piattaforma per il trasferimento di denaro per servire nuovi segmenti di clienti e nuovi bisogni. Il margine c’è: l’80% di chi utilizza i canali digitali è un cliente che si rivolge per la prima volta a Western Union. Il 46% delle transazioni sul portale è ordinato dai Millennials, mentre su quelle effettuate da smartphone la percentuale sale al 58%. In altre parole possiamo indirizzare con maggiore efficacia use case diversi dalle tipiche rimesse dei lavoratori migranti nei Paesi di origine, come per esempio l’invio di denaro a figli, parenti o amici che studiano all’estero o che, in qualità di turisti, hanno bisogno di soldi per qualche necessità di viaggio.

Come funziona la mobile app?

È a tutti gli effetti un nuovo punto di contatto per entrare in Western Union. Una volta inseriti i dati personali – associando al profilo una carta di credito, una prepagata o un conto corrente tramite Sofort – ed effettuata la richiesta di trasferimento, il sistema eroga con trasparenza assoluta tutte le informazioni relative all’operazione, dal momento del ricevimento della somma alla valuta scelta fino alle commissioni e ai metodi di addebito e accredito. La transazione vera e propria va poi confermata con un log in, oppure attraverso il riconoscimento biometrico per gli utenti che hanno un dispositivo dotato di Touch ID. A quel punto parte la procedura di sicurezza grazie alla quale i dati vengono inviati al nostro black box e processati. Una volta autorizzato il trasferimento, il denaro viene inviato al beneficiario, che può andare a prelevarlo in un’agenzia, riceverlo sulla propria carta oppure scegliere di disporne su un mobile wallet, come quelli di Mpesa in Kenya o di bKash in Bangladesh, che tra l’altro rappresenta il terzo Paese destinatario delle rimesse dall’Italia.

In che modo la disintermediazione cambierà il ruolo del retail?

I partner e le location del nostro network continueranno a essere in tutto il mondo uno degli elementi più importanti dell’offerta di Western Union, indipendentemente dall’evoluzione del mercato: si tratta di strutture agili, che non hanno costi fissi. E se anche, come immaginiamo, in futuro le operazioni digitali diverranno una parte consistente delle attività, il retail continuerà a esistere, sia per la gestione del cash out e del cash in, sia per lo sviluppo di nuovi modelli di business abilitati dall’integrazione con le nuove tecnologie.

Come vi state rapportando invece ai social media, che si rivolgono con sempre maggiore dinamismo al mobile payment e al money transfer?

A seconda del punto di vista, del caso specifico e del business model, le piattaforme social possono essere partner o competitor. Il nostro compito, in questa situazione è offrire alle persone che cercano un servizio come quello che offre Western Union il sistema più aperto possibile. In questo senso WU Connect, lanciata a fine 2015, rappresenta una piattaforma tecnologica capace di integrarsi con i servizi di messaggistica per abilitare l’invio di denaro ai propri contatti. Il primo accordo è stato siglato con WeChat negli Stati Uniti, poi è seguita la partnership con Viber. Al momento ci sono discussioni per attivare nuove collaborazioni, ma non posso ancora entrare nel merito.

Quali sono le sfide da affrontare nello sviluppo di questa prospettiva?

Di certo le criticità non sono di natura tecnologica o legate alla user experience. L’adozione degli strumenti digitali semplifica notevolmente qualsiasi tipo di operazione, e ormai i consumatori ne sono coscienti. È più che altro una questione di conoscenza della disponibilità dei servizi. Ed è sulla loro promozione che ora dobbiamo impegnarci.

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