Open banking, per 6 istituti finanziari su 10 è un’opportunità

I dati di Tink: in Italia il 27% non ha ancora una strategia definita, mentre il 17% delle banche ha in corso una collaborazione con una fintech. Le partnership però saranno destinate a crescere nell’arco del prossimo anno

Pubblicato il 28 Apr 2020

Marie Joahansson, Country Manager di Tink

La diffidenza delle banche verso le fintech inizia a diradarsi, almeno in teoria. Percé invece in pratica rimane ancora preponderante la cautela nello stabilire rapporti di collaborazione. E’ quanto emerge dai dati pubblicati dalla piattaforma di Open banking Tink, secondo cui il 61% degli istituti finanziari europei, con una crescita percentuale del 6% nell’ultimo anno, è ben disposto verso eventuali partnership, che considererebbero opportunità. Limitando la prospettiva all’Italia, il Paese rimane in scia alla media europea: il 60% degli intervistati è infatti positivo nei confronti dell’open banking, con un +3% rispetto al 2019. Per realizzare l’indagine Tink si è basata sulle informazioni fornite da 290 dirigenti finanziari in 12 paesi europei. Ne è scaturito che il 52% del campione si sente più positivo quando si parla di open banking rispetto allo scorso anno, e che soltanto l’1% è negativo.

Una banca su tre non hanno ancora una strategia di Open banking

Nonostante la predisposizione verso le collaborazioni con le fintech sia progressivamente più positiva, dai dati di Tink emerge anche che sono ancora molte le realtà che non hanno in programma strategie specifiche. In Italia il 63,3% del campione indica l’open banking come un’opportunità per la propria azienda (media Ue al 58,6%) e afferma di essersi attrezzato per coglierla, mentre il rimanente 27% sta ancora pianificando il da farsi.

“Siamo felici di riscontrare una crescente fiducia nell’open banking, percepito sempre più come un’opportunità per portare valore reale al cliente e sempre meno come un modo per trasformare modelli di business – afferma Marie Johansson (nella foto), country manager di Tink in Italia – Per le istituzioni che guarderanno oltre la conformità al Psd2 e sono pronte ad innovare con rapidità, c’è un enorme potenziale per la creazione di valore a breve termine. Comportandosi più come provider di terze parti (TPP) e sfruttando al massimo le API già presenti sul mercato, le istituzioni possono trarre vantaggi immediati, creando prodotti e servizi migliori ed una customer experience superiore”.

Fari puntati sulle partnership con le fintech

A trarre i vantaggi più importanti dall’open banking in Europa sono gli istituti che considerano pirioritarie le partnership fintech: Il 22% del campione ha attivato almeno una partnership fintech per accedere a tecnologie di open banking nel corso dell’ultimo anno e le realtà più lungimiranti arrivano fino a cinque accordi di collaborazione. Il 69% degli intervistati ha aumentato il numero di partnership fintech nel 2019 e la stessa percentuale (69%) ha indicato che stabilire una partnership fintech sarà una priorità nei prossimi 12 mesi. Quanto all’Italia, il 17% degli istituti finanziari ha in corso una partnership fintech.

“Per raccogliere i benefici dell’open banking, gli istituti finanziari devono tradurre la propria strategia di open banking in una roadmap fatta di tecnologia, prodotti e servizi – conclude Johansson – Questo iter può essere accelerato attraverso le partnership strategiche grazie al supporto di fintech in grado di fornire la tecnologia, l’esperienza e la visione per guidare la creazione di valore nell’open banking. Finora, è un numero limitato di istituti ad aver stretto accordi di partnership per accedere alle tecnologie di open banking, ma il dato positivo è che la maggior parte dei dirigenti intende avviarne ulteriori nel corso dei prossimi 12 mesi, comprendendo come queste siano strategiche e consentano agli istituti finanziari di creare valore per i clienti.”

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