Big data: cosa c’è dietro la corsa all’oro nero digitale

Un contributo originale di Antonella Comes, Chief Marketing Officer di Auriga, sugli sviluppi del fenomeno Big Data con particolare attenzione alle opportunità nell’ambito del banking e del finance

Pubblicato il 12 Lug 2017

Antonella Comes, Chief Marketing Officer di Auriga

di Antonella Comes*

Nel mercato italiano degli analytics, i Big Data sono il segmento a cui guardare con maggiore attenzione. A fare la parte del leone nel comparto c’è la business intelligence, con un valore di 722 milioni di euro nel 2016 (+9% rispetto all’anno precedente), ma se anziché considerare i volumi si guarda al segmento con il maggiore tasso di crescita, ecco che i Big Data emergono con un significativo +44% in un anno (1) . Una crescita che secondo le stime di IDC (2) continuerà a livello mondiale nei prossimi anni, segnando un +22,6% entro il 2020, con un valore complessivo di 58,9 miliardi. Se poi si va a guardare ai settori industriali, il più interessato nel mercato degli Analytics è quello bancario (29%), seguito dal manifatturiero (22%) e poi dalle telecomunicazioni / media (14%)1.

Alla ricerca di data scientist

Un altro segnale di come sta cambiando il mercato è la ricerca sempre più frequente di nuove competenze che oggi si racchiudono nella figura del data scientist. In Italia un’impresa su tre ha già inserito un professionista di questo tipo al proprio interno, mentre la sua presenza nei settori più all’avanguardia è cresciuta del 57% in un anno. Il mercato sta capendo l’importanza di usare approcci tecnologici differenti e soprattutto dell’utilizzo dei dati.

Inoltre, la totalità dei CIO dei principali istituti finanziari italiani ha dichiarato che i progetti di Big Data  tra le prime priorità di investimento per il 2017 (3). Ma da cosa deriva la crescente attenzione da parte del settore bancario su questo fronte?

Gli istituti finanziari in particolare oggi si trovano su una montagna di “oro nero digitale” che ancora non riescono a sfruttare appieno. Paliamo di una mole di dati, che nei prossimi anni continuerà ad aumentare in maniera esponenziale, alimentata ad esempio dai multimedia, dal permanente utilizzo degli smartphone e dal grande bacino dei social network e da ogni occasione di contatto con il cliente finale.

Crescono quindi le informazioni a disposizione delle banche sui propri clienti, ma per estrarre valore da questa “miniera” serve utilizzare i dati in modo corretto. La tecnologia sta facendo passi da gigante, oggi abbiamo strumenti analitici in grado di estrarre, raccogliere, elaborare e rendere fruibili tutti i dati derivanti dai vari punti di contatto utilizzati dai clienti delle banche. Sono strumenti che, qualora ben integrati con piattaforme di Big Data Analytics, permettono di realizzare una serie di operazioni prima impensabili su vasta scala, come: stabilire correlazioni, analizzare serie storiche, determinare trend o segmentazioni specifiche al fine di identificare nuove opportunità di business e adottare strategie di mercato più mirate agli obiettivi aziendali.

I Big Data per lo studio della Customer experience

Il grande merito dei Big Data è quello di generare un tipo di conoscenza ad alto valore aggiunto sui propri clienti, da cui è possibile ricavare una molteplicità di vantaggi. Tali benefici riguardano il miglioramento della customer experience, fondamentale per generare nuove opportunità di business con i clienti, ma i vantaggi riguardano anche la riduzione dei costi operativi e delle inefficienze.

Partendo dall’analisi dei dati storici sui clienti, raccolti attraverso le interazioni con banca sui vari canali, si può affinare la conoscenza su di loro e trarre il massimo da ogni nuova occasione di contatto, attraverso una gestione personalizzata dell’accoglienza e dell’assistenza in filiale basata sui dati. Ad esempio, sarà possibile valorizzare l’interazione del cliente sia con i dispositivi self-service (ATM, ASD/ASST, chioschi di accoglienza), sia col personale bancario. Maggiore sarà la conoscenza sui clienti, maggiori saranno le possibilità per le filiali di offrire servizi o soluzioni personalizzati, soddisfacendo con successo le loro sempre più crescenti e complesse esigenze. Per farlo esistono strumenti utili di analisi predittiva dei Big Data, in grado di analizzare il loro potenziale di spesa, e sulla base di questo, incrementare la loro quota di portafoglio, consolidare la relazione continuando ad essere attrattivi nelle proposte e ovviamente identificare nuove opportunità di business nel medio-lungo termine.

Dati per migliorare i processi interni

Un uso intelligente dei dati non riguarda solo la customer experience, ma anche i processi interni e le operazioni della banca. Ad esempio è possibile stabilire quanti clienti hanno prelevato con una carta di un determinato circuito, sugli sportelli ATM di una specifica area geografica. Oppure è possibile quantificare il volume di operazioni per ciascun terminale in un dato giorno, per fascia oraria, per tipologia, con la conseguente valutazione delle probabilità di coda e la percentuale di abbandono da parte della clientela. Sfruttando questo tipo di informazioni è possibile fare un’analisi avanzata dei canali della banca, valutando con efficacia i costi, ricavi di un servizio, ma anche eventuali perdite o inefficienze. È anche possibile prevenire eventuali rischi operativi, così come sviluppare nuove strategie, oppure ancora pianificare meglio ampliamenti di asset tecnologici.

Per concludere dando uno sguardo al futuro, l’estrazione di valore dai dati presto non sarà più solo sinonimo di Big Data. Il potenziale del cosiddetto “oro nero digitale” infatti aumenterà in modo esponenziale con la combinazione dell’Artificial Intelligence. Un segnale importante in questa direzione viene dagli sviluppatori interni all’azienda e dagli indipendent software vendor (4), il 75% di loro prevede di includere sistemi di questo tipo in almeno un’applicazione già dal 2018.

I dati stanno quindi cambiando radicalmente il modo di fare business e spingono le banche a dotarsi delle migliori strategie per sfruttare il loro reale valore aggiunto e attrarre i migliori talenti professionali in grado di usarle. Ma non basta applicare i nuovi strumenti tecnologici, seppur potenti, alle operazioni di business esistenti: è necessario un radicale ripensamento dei modelli e delle strategie aziendali che parta dal management e caratterizzi ogni strategia di business, L’impatto derivante sarà quindi notevole, riposizionando in modo ancora più netto il ruolo delle banche e delle filiali sulla consulenza e i servizi ad alto valore aggiunto.

(1) Osservatorio: Big Data Analytics & Business Intelligence – Politecnico di Milano – Novembre 2016 
(2) Worldwide Big Data Technology and Services Forecast 2016–2020, IDC – Dicembre 2016 
(3) Digital Rethinking nel Banking e Finance, Osservatorio Digital Finance del Politecnico di Milano – Gennaio 2017
(4) Worldwide Big Data Technology and Services Forecast 2016–2020, IDC – Dicembre 2016 

*Antonella Comes è Chief Marketing Officer di Auriga

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