Il Consiglio UE ha annunciato, il 19 dicembre 2025, di aver concordato la propria posizione negoziale su un pacchetto che, nelle parole ufficiali, punta a rafforzare l’euro su due piani complementari: rendere possibile l’introduzione di un euro digitale e chiarire, con maggior nettezza, cosa significhi corso legale per il contante in euro.

L’obiettivo dichiarato non è ornamentale: autonomia strategica, sicurezza economica e resilienza dell’Unione, cioè la capacità di reggere shock, dipendenze e interruzioni senza scoprire che il sistema dei pagamenti è un “punto singolo di fallimento”.
Per l’euro digitale, il messaggio è chiaro: non viene pensato come sostituto del contante, ma come complemento. Dovrebbe essere disponibile per cittadini e imprese, per pagare “in qualsiasi momento e ovunque” nell’area euro. E soprattutto viene qualificato per ciò che è: una infrastruttura pubblica, direttamente sostenuta dalla BCE, pensata per preservare la moneta di banca centrale come ancora del sistema dei pagamenti.
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Che tipo di euro digitale disegna la posizione del Consiglio
Nella formulazione pubblica, il progetto viene tratteggiato con tre pennellate che, da sole, spiegano perché resta sullo sfondo una frizione non banale: c’è chi vorrebbe far nascere l’euro digitale “a partire dall’offline”, per somigliare il più possibile al contante e costruire fiducia (privacy percepita, uso anche senza rete, gradualità); e c’è chi, invece, ritiene indispensabile affiancare subito anche l’online, perché senza una modalità pienamente utilizzabile nell’e-commerce e nei pagamenti connessi l’euro digitale rischierebbe di essere, fin dall’inizio, un’infrastruttura “a metà”.
Vi è, però, un punto-chiave che il Consiglio ribadisce: anche se il quadro giuridico verrà adottato da Parlamento e Consiglio, l’ultima parola sull’emissione spetterà alla BCE. Nello stesso annuncio, si richiama l’indicazione recente secondo cui il sistema potrebbe essere operativo entro il 2029.
I “tre bulloni” che rendono governabile il progetto euro digitale
Nel comunicato del 19 dicembre, il Consiglio evidenzia alcune precisazioni di design che, più di qualunque slogan, dicono che il dossier è entrato nella fase adulta.
Limiti di detenzione: impedire la deriva “store of value”
Per evitare che l’euro digitale venga usato come riserva di valore (con effetti potenzialmente destabilizzanti), la posizione del Consiglio prevede limiti alla quantità detenibile su conti digitali online e nei wallet. La BCE li stabilirà, ma dovrà rispettare un tetto complessivo concordato dal Consiglio, che sarà riesaminato almeno ogni due anni. È la classica architettura europea: decisione tecnica sì, ma dentro una cornice politica periodicamente rivalutata.
Prezzo per il cittadino: i servizi “obbligatori” non si fanno pagare
L’annuncio chiarisce che i PSP (Prestatori di Servizi di Pagamento, ad esempio le banche) non potranno addebitare costi ai consumatori per una serie di servizi considerati essenziali: apertura e chiusura, esecuzione delle transazioni in euro digitale, e anche operazioni di “funding/defunding” (caricare e scaricare il wallet) quando avvengono con conti di deposito presso lo stesso PSP.
Si lascia invece spazio a commissioni per servizi a valore aggiunto, distinguendo tra un “diritto di accesso” – ossia, il nucleo minimo e imprescindibile per poter usare l’euro digitale (apertura/chiusura, operatività di base, pagamenti e trasferimenti essenziali) – e gli “optional”, ossia funzionalità ulteriori e non necessarie per l’uso ordinario (integrazioni avanzate, servizi premium, strumenti di gestione o automazione) che possono legittimamente essere soggette a fee.
Compensazione e tetti alle commissioni per gli esercenti: la promessa economica dell’adozione
È qui che la posizione di oggi parla direttamente al mercato: viene delineato un meccanismo di capping per interchange e merchant service charges. Per un periodo transitorio di almeno cinque anni, i tetti saranno legati alle fee di mezzi di pagamento comparabili; dopo il transitorio, i cap saranno ancorati ai costi effettivi associati all’euro digitale. In sostanza: prima si parte con un riferimento “di mercato”, poi si passa a un riferimento “di costo”, con l’idea di rendere l’accettazione non solo possibile, ma conveniente.
Accesso equo all’hardware e al software dei dispositivi: la partita dell’interoperabilità
L’annuncio include un punto che, spesso, decide il successo di una moneta digitale più delle definizioni giuridiche: un quadro per garantire ai fornitori di interfacce e servizi euro digitale il necessario accesso all’hardware e al software dei produttori di dispositivi mobili, così da assicurare fair access. È un modo istituzionale per dire che la user experience non può dipendere da porte chiuse: se l’accesso è selettivo, la “rete pubblica” rischia di diventare un’esperienza privata.
E il contante? Una cornice che rafforza (anche) il digitale
Pur restando l’euro digitale il baricentro, l’annuncio del 19 dicembre lega esplicitamente le due forme di moneta pubblica. Al riguardo, vogliamo ricordare che il contante è, ad oggi, l’unica moneta a corso legale nell’area euro e che la proposta punta a chiarire regole, eccezioni e coerenza con l’euro digitale.
Il Consiglio esprime la volontà di vietare di fatto il rifiuto del contante da parte di commercianti e fornitori di servizi, salvo eccezioni (ad esempio punti vendita non presidiati), chiedendo inoltre agli Stati membri di monitorare accettazione e accesso, predisponendo misure o piani di resilienza del contate, in caso di gravi discontinuità dei pagamenti elettronici.
Il passaggio di fase
La chiusura dell’annuncio è, in realtà, la notizia più operativa: con questa posizione, il Consiglio può entrare nei negoziati con il Parlamento europeo sia sul regolamento euro digitale sia sulla disciplina del corso legale del contante. È il punto in cui il “se ne parla” smette di essere sufficiente: dal 19 dicembre, l’Unione negozia il proprio euro digitale.
Come si è arrivati alla decisione: tre date, tre livelli istituzionali
La decisione del 19 dicembre non nasce in un giorno. È l’esito di una traiettoria che, nelle ultime settimane, si è resa particolarmente leggibile.
3 novembre 2025: l’eco parlamentare e la tentazione “offline-first”
All’inizio di novembre, la discussione parlamentare si è cristallizzata attorno a una sensibilità precisa: partire dall’offline, costruire fiducia sociale replicando le qualità del contante (in primis la privacy percepita), e trattare l’online con maggiore cautela, quasi come una seconda fase. È un’impostazione che cerca un equilibrio: accelerare senza strappare il tessuto della fiducia pubblica.
12 dicembre 2025: Ecofin, il “dibattito orientativo” e la salita verso il Coreper
12 dicembre: i ministri finanziari (Ecofin) discutono il pacchetto in forma di dibattito orientativo. Espressione elegante, spesso fraintesa. Non significa “posizione definitiva”, né “testo chiuso”. Significa che il dossier è sufficientemente maturo da essere discusso sul piano politico, ma non ancora pronto per essere adottato come posizione generale del Consiglio.
Dietro quell’orientamento c’è la “sala macchine” dei lavori preparatori: il gruppo tecnico del Consiglio che, con pazienza, allinea definizioni, scelte operative, formulazioni. Quando questa macchina finisce il suo giro, il dossier sale al livello che in Europa conta più di quanto sembri: il Coreper.
E qui vale la pena spiegare i ruoli con un’immagine:
- l’Ecofin è il tavolo dei ministri: la politica “in prima persona”.
- il Coreper è la stanza diplomatica dove gli Stati trasformano differenze in un testo difendibile. È il luogo in cui un compromesso, se raggiunto, smette di essere provvisorio e diventa mandato.
Con quale strumento si potrà pagare in euro digitale e in che modo?
C’è un equivoco che torna spesso, quasi per inerzia: immaginare l’euro digitale come un’ennesima “funzione” del mondo carte. L’idea di fondo, invece, è diversa e – in un certo senso – ambiziosa: l’euro digitale non dovrebbe appoggiarsi per forza ai circuiti, ma poter essere speso con strumenti “cash-like” (wallet, app, dispositivi) grazie a due pilastri invisibili ma decisivi: uno strato comune di accettazione (common acceptance layer) e un rulebook di schema valido in tutta l’area euro. In altre parole: non solo tecnologia, ma anche grammatica condivisa, perché senza regole comuni non c’è rete comune.
Pagamento online: pagare senza far parlare il POS
Online il quadro è, relativamente, il più lineare. I pagamenti possono essere avviati con meccaniche molto simili a quelle che già oggi vediamo nei flussi A2A e instant: account, alias, link, QR. Nel wallet selezioni “euro digitale”, scegli un identificativo (un alias o un numero dedicato), autorizzi; nell’e-commerce e nel m-commerce entrano poi i flussi di reindirizzamento, i QR e gli identificativi strutturati.
Qui la complessità resta “dentro” il canale digitale: non devi convincere un terminale nato per leggere carte a interpretare un linguaggio diverso. È un vantaggio non banale, perché evita la collisione con l’hardware più conservatore dell’ecosistema: il POS.
Il punto vero: pagare su POS fisici pensati per le carte
Il problema, infatti, non è pagare “in rete”. Il problema è pagare al banco, davanti a un dispositivo che, per design, conosce una sola lingua: quella delle carte.
Un POS standard, oggi, è costruito per gestire transazioni EMV (contact o contactless) e, quando vede uno smartphone con NFC, tende a interpretarlo come una carta “in forma digitale”: stesso gesto, stessa logica, stesso instradamento. Se vogliamo che quel gesto – il tap – diventi anche un gesto “euro digitale”, serve un passaggio concettuale prima ancora che tecnico: non magia sul POS esistente, ma abilitazione.
Ed è qui che entra in scena il common acceptance layer: l’idea di dotare l’ecosistema POS/ATM di un livello di accettazione capace di gestire pagamenti “push” di tipo A2A anche al punto vendita, con una gerarchia di priorità chiarissima:
- un kernel NFC contactless “scheme-agnostic” come prima opzione (non legato a un circuito specifico);
- uno standard QR come seconda opzione;
- in parallelo, un protocollo terminale-host e componenti/API per far dialogare terminale, acquirer e schema.
Tradotto: il gesto fisico (tap) può restare lo stesso, ma l’interpretazione deve cambiare. Il POS deve poter riconoscere che quella transazione è “euro digitale” e instradarla sul binario giusto, secondo regole e messaggistica definite dallo schema e dal rulebook.
Quattro scenari possibili (e una tentazione che porterebbe al paradosso)
Orbene, gli scenari al punto vendita si possono organizzano in quattro figure – apparentemente simili, in realtà politicamente molto diverse.
1. Una carta come form factor dell’euro digitale (anche per inclusività e offline)
Qui la carta non è “una Visa/MasterCard camuffata”: è un supporto fisico che accede allo schema euro digitale. Ma perché funzioni, non basta che sia contactless: il POS deve essere abilitato a riconoscere e gestire il profilo euro digitale, e l’acquirer deve poterlo instradare come tale. In questo caso il POS non sta facendo “una transazione circuito”, sta facendo “una transazione euro digitale” usando un supporto fisico.
2. Carta co-badging: doppia via, doppia logica
È una soluzione pragmatica: se il POS non è abilitato all’euro digitale, il pagamento può sempre scivolare sul binario carta; se invece lo è, si può scegliere il binario euro digitale. Ma il co-badging non elimina il problema dell’accettazione: lo rende gestibile, sì, ma solo dove l’abilitazione esiste davvero.
3. Digital wallet su smartphone con NFC: il “tap” come esperienza nativa
È lo scenario più naturale per l’utente: un gesto già imparato, una user experience familiare. Però, per non ridursi a una semplice emulazione della carta, richiede due condizioni:
- che il POS riconosca il contactless euro digitale (non solo il contactless carte)
- che la filiera di acquiring/host supporti la messaggistica e l’instradamento dello schema.
In più, c’è un punto spesso sottovalutato: se vogliamo che il tap sia davvero universale, l’accesso alle funzionalità NFC/secure element sui dispositivi deve essere effettivamente praticabile per più PSP, non solo per pochi attori “di sistema”. L’interoperabilità, qui, non è un concetto: è la differenza tra rete e oligopolio.
4. Wallet con QR code: mostra/scan e pagamento A2A “puro”
È l’opzione che più assomiglia a un pagamento account-to-account: ottica, diretta, meno vincolata ai compromessi del contactless card-like. Ma porta con sé il problema che nessun regolamento può aggirare con una frase ben scritta: gran parte dei POS tradizionali non ha una fotocamera, e spesso non è progettata per QR dinamici.
In molti casi, quindi, non basta un aggiornamento software: serve un cambiamento dell’hardware. Ed è per questo che, se il QR diventa davvero parte della strategia, entrano in gioco Smart POS e soprattutto Software POS: piattaforme che, per natura, integrano camera e NFC, potendo sostenere entrambe le logiche (QR e tap).
Il punto di fondo: cambia la filiera (e cambiano i pesi)
Con l’euro digitale, la filiera “POS – acquirer – rete – issuer” non resta immobile:
- il POS deve poter gestire non solo messaggi “circuito carte”, ma anche flussi di uno schema euro digitale con regole proprie;
- l’acquirer deve aggiungere un nuovo binario di acceptance, con onboarding, certificazioni, aggiornamenti terminali, riconciliazione e settlement secondo lo schema;
- il ruolo “issuer” (nell’accezione delle carte) non coincide necessariamente con il ruolo dei PSP che distribuiscono wallet, servizi di base, assistenza e onboarding dentro un impianto pubblico-privato governato da rulebook.
Fin qui, tutto coerente. Ma è proprio ora che spunta la tentazione più seducente – e più pericolosa.
L’ultima scorciatoia: essere accettati ovunque “parlando EMV”
Se il problema è l’accettazione ubiqua, esiste un modo brutalmente efficace per risolverlo nel breve: trasformare l’esperienza euro digitale in una transazione circuito, sfruttando tokenizzazione e scalabilità di una rete internazionale già ovunque. Funziona. È industrialmente “comodo”. Ed è, proprio per questo, la scorciatoia che rischia di snaturare la traiettoria.
Perché se, per essere accettato ovunque, l’euro digitale deve travestirsi da carta e parlare EMV – una lingua progettata e governata storicamente dagli schemi internazionali non europei – allora l’obiettivo dichiarato di autonomia strategica nei pagamenti entra in una zona di paradosso: vogliamo costruire sovranità europea nei pagamenti digitali e, per riuscirci, dobbiamo usare una grammatica che non abbiamo scritto noi. Funziona, sì. Ma sposta il baricentro: l’euro digitale rischia di diventare il “saldo sottostante”, mentre l’esperienza e le regole di rete restano quelle del circuito.
Ecco perché questa non è una disputa da addetti ai lavori. È il punto in cui tecnologia, politica industriale e vita quotidiana dell’esercente si chiudono in un nodo unico. Nei triloghi si potrà limare un articolo, correggere un comma, alleggerire un obbligo; ma su questo punto – come si paga davvero al POS, e con quale lingua – si decide se l’euro digitale è un’infrastruttura europea o un’etichetta europea sopra un’infrastruttura altrui.
I prossimi passi
Con l’adozione della posizione negoziale del Consiglio, il percorso entra nella sua fase più densa: il negoziato con il Parlamento europeo. Da qui in avanti, più che le date “di calendario”, contano le soglie istituzionali.
- 2026 (fase negoziale): avvio e conduzione dei triloghi tra Consiglio, Parlamento e Commissione per arrivare a un testo condiviso sul quadro giuridico dell’euro digitale.
- Dopo l’adozione del quadro giuridico (punto di svolta): una volta che Parlamento e Consiglio avranno adottato il regolamento, la decisione finale sull’emissione spetterà alla BCE: il testo di oggi ribadisce che l’istituzione monetaria deciderà se e quando procedere con l’effettiva issuance.
- 2027–2028 (messa a terra): fase di implementazione operativa, in cui la “proposta” deve diventare infrastruttura: standard, integrazioni, readiness di PSP e filiera di accettazione, e test di resilienza.
- 2029 (orizzonte operativo indicativo): la BCE ha indicato che l’euro digitale potrebbe essere operativo entro il 2029, a condizione che l’architettura regolatoria e l’implementazione tecnica reggano il passaggio dalla norma all’uso quotidiano.
Il 2029 non è una promessa scolpita nella pietra, ma un orizzonte: la differenza, come sempre nei pagamenti, la farà l’adozione reale – ovvero, la capacità di essere accettati ovunque senza diventare – lungo la strada, qualcos’altro.



